Detenuto si suicida nel carcere di Pisa, sarebbe stato libero il 25 febbraio: "Sconfitta per lo stato"
L'uomo è stato trovato impiccato nel cortile dell'istituto penitenziario, l'allarme del Sappe: "Necessarie riforme strutturali dell'intero sistema"
Un altro suicidio in carcere. E’ successo ieri, martedì 13 febbraio, nella casa circondariale “Don Bosco” di Pisa. Un uomo, detenuto in regime di semilibertà (significa, nel caso specifico, che godeva del permesso di uscire dall’istituto penitenziario per andare a lavorare), nel cuore del pomeriggio, è stato trovato impiccato con un lenzuolo dal personale di polizia. Ci hanno provato a salvargli la vita, ma nonostante siano giunti sul posto i soccorsi, non è stato possibile evitare il decesso.
A darne notizia è stato Francesco Oliviero, segretario regionale per la Toscana del Sappe (Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria):
“Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea. Non sono chiare le motivazioni di tale gesto considerato sia il regime meno afflittivo della semilibertà a cui era sottoposto nonché il fine pena al 25 febbraio 2027”.
“Si continua a parlare se ci sono azioni da intraprendere per poter evitare tali gesti estremi - prosegue -. Il suicidio è sicuramente un evento imprevedibile, pertanto se una persona decide di farlo prima o poi troverà il modo. Il problema è preventivo, non successivo. Con il passaggio della sanità penitenziaria alle Regioni, la situazione è purtroppo estremamente peggiorata. La carenza di operatori sanitari, psicologi e psichiatri è il punto cruciale della questione. A nostro avviso servono concorsi regionali e assunzioni di personale sanitario da destinare esclusivamente alle carceri toscane”.
E’ intervenuto anche Donato Capece, segretario nazionale del Sappe:
“È fondamentale dare corso a riforme davvero strutturali nel sistema penitenziario e dell’esecuzione della pena nazionale, a cominciare dall’espulsione dei detenuti stranieri, specie quelli – e sono sempre di più – che, ristretti in carceri italiani, si rendono protagonisti di eventi critici e di violenza durante la detenzione. E se a tutto questo si aggiunga la gravissima carenza di poliziotti penitenziari. Come si fa a lavorare così?”