Imprese "apri e chiudi", maxi inchiesta da quasi 300 indagati, 47 denunce e 30 milioni di euro sequestrati
Le indagini hanno portato alla luce tre associazioni a delinquere nei campi dei reati tributari e di disciplina dell'immigrazione
Tre associazioni a delinquere finalizzate alla commissione di reati tributari (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), fallimentari (bancarotta fraudolenta) e, in due casi, in materia di disciplina dell'immigrazione (favoreggiamento della regolarizzazione di soggetti presenti illegalmente sul territorio nazionale e produzione documenti falsi ai fini del rinnovo dei permessi di soggiorno).
Questo quanto finito sotto la lente della Procura della Repubblica di Firenze, nell'ambito di un'indagine condotta da militari del Comando Provinciale di Firenze a contrasto del fenomeno delle cosiddette imprese "apri e chiudi".
Il video dell'operazione della Guardia di Finanza di Firenze:
Provvedimenti e sequestri
Nei confronti delle tre associazioni a delinquere saranno eseguite altrettante ordinanze ordinanze di applicazione delle misure cautelari personali e patrimoniali. I provvedimenti cautelari riguardano riguardano 47 persone, di cui 33 agli arresti domiciliari, 1 obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e 13 obblighi di dimora.
Essi sono a carico di 4 consulenti fiscali, 8 loro dipendenti e 35 imprenditori di nazionalità cinese operanti nel distretto del tessile/abbigliamento fiorentino-empolese. I provvedimenti consistono inoltre nel sequestro preventivo - finalizzato alla confisca diretta e/o per equivalente di beni, nella disponibilità degli indagati - per oltre 30 milioni di euro, considerati provento illecito della commissione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. Sono inoltre in corso operazioni di perquisizione presso gli studi professionali e i siti produttivi cinesi.
Venti imprese dichiarate fallite
All'esito delle indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Firenze, i Giudici competenti hanno condiviso le richieste formulate dai Magistrati inquirenti, i quali, tra l'altro, attribuiscono ai professionisti la gestione in via associata di un'attività consulenziale consapevole degli illeciti compiuti da innumerevoli imprese ricondotte a soggetti di etnia cinese, contestualmente destinatari di misure restrittive in quanto considerati i titolari "di fatto" delle aziende, perlopiù operanti nel settore della produzione di articoli di abbigliamento e calzature che, attraverso il meccanismo "apri e chiudi", si sottraevano sistematicamente e su ampia scala al pagamento delle imposte.
L'attività investigativa ha consentito alla Procura della Repubblica di Firenze di promuovere istanza di fallimento nei confronti di 20 imprese, di cui 18 dichiarate fallite per i rilevanti debiti erariali accumulati negli anni, quantificati in oltre 10 milioni di euro.
Quasi trecento indagati
Sono complessivamente 288 soggetti cinesi, titolari formali (n. 253) e di fatto (n. 35) delle 284 ditte individuali e 4 società a responsabilità limitata unipersonale coinvolte. L'attività odierna ha tratto origine da mirate analisi di rischio finalizzate a tutelare il Distretto del Tessile fiorentino e da conseguenti selettivi controlli effettuati dall'lnps/Direzione Provinciale di Firenze in collaborazione con i militari del Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria, tesi a verificare la regolarità contributiva di una moltitudine di lavoratori impiegati presso ditte individuali cinesi.
Tali attività ispettive si concludevano con la constatazione di molteplici irregolarità tributarie e violazioni alla legislazione sociale e del lavoro commesse attraverso la costituzione di imprese fittizie, la falsa assunzione di dipendenti e il mancato versamento dei contributi previdenziali e assistenziali; il tutto sotto la sapiente regia degli stessi commercialisti tenutari delle scritture contabili e incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali, ove presentate, nonché di un consulente del lavoro.
Debiti milionari
L'Agenzia delle Entrate/Riscossione - Direzione Regionale Toscana, interessata sulla situazione dei debiti erariali e previdenziali a carico delle imprese monitorate, comunicava che la quasi totalità delle stesse aveva un debito iscritto a ruolo ammontante - nella maggior parte dei casi - a diverse centinaia di migliaia di euro, e per una ditta individuale superiore a 10 milioni di euro. Tale situazione presupponeva che i soggetti economici fossero nell'irreversibile impossibilità di assolvere alle proprie obbligazioni.
Le successive indagini, anche di natura tecnica, svolte dai militari della Guardia di Finanza sotto la direzione della Procura della Repubblica di Firenze, confermavano la presenza di tre diverse associazioni a delinquere finalizzate alla frode fiscale, con la preminente figura del professionista quale consigliere dell'imprenditoria sinica votata alla sistematica evasione delle imposte.
Il meccanismo "apri e chiudi"
Veniva svelato, sostanzialmente, il ricorrente meccanismo fraudolento delle imprese "apri e chiudi", attraverso il quale gli imprenditori di nazionalità cinese svolgevano l'attività di vendita e/o di produzione di capi di abbigliamento e calzature, avvalendosi di una o più società/ditte individuali - di breve durata - ad altri intestate ma da loro stessi gestite in via di fatto; quando le imprese maturavano consistenti debiti verso l'erario, venivano cessate dagli effettivi titolari, che proseguivano la propria attività imprenditoriale avviando nuove aziende - anch'esse intestate formalmente a un prestanome - negli stessi luoghi d'esercizio, con i medesimi dipendenti e i medesimi beni strumentali delle precedenti.
Tale sistema veniva perpetrato nel tempo attraverso due direttrici: l'apertura e chiusura di numerose imprese che si susseguivano l'una all'altra e l'avvio, sin dall'inizio, di più imprese operanti nel medesimo settore e riconducibili alla gestione di fatto dello stesso imprenditore.
In tale contesto, mentre l'erario perdeva la possibilità concreta di far valere i propri crediti nei confronti delle "teste di legno", spesso irreperibili o comunque nullatenenti, i reali imprenditori proseguivano la propria attività produttiva, evitando di sostenere i costi relativi alle imposte e massimizzando conseguentemente i profitti.
Il ruolo dei consulenti e l'immigrazione clandestina
La realizzazione del meccanismo fraudolento era resa· possibile grazie al fondamentale apporto tecnico di consulenti fiscali e/o del lavoro di fiducia i quali, attratti dal ritorno economico derivante dall'elevatissimo numero di clienti di etnia cinese, garantivano una costante assistenza agli stessi nella piena consapevolezza dell'esposizione debitoria delle imprese, suggerendo i percorsi da seguire per attuare la chiusura e l'apertura delle ditte e curando, a tal fine, la predisposizione dei necessari atti e/o documenti fiscali e le nuove fittizie assunzioni.
Ulteriori accertamenti consentivano di rilevare, in capo ai consulenti fiscali in concorso con 5 imprenditori, fattispecie criminose previste e punite dal Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, avendo gli stessi favorito l'ingresso in Italia di 3 immigrati clandestini e prodotto documentazione falsa tesa al rinnovo del permesso di soggiorno in favore di 72 cittadini cinesi.