Tentata estorsione con metodo mafioso: quattro persone arrestate a Montecatini Terme
La vittima, un imprenditore originario della Toscana residente nel bolognese, titolare di un'azienda di logistica di trasporti
Nella mattinata di oggi, mercoledì 6 marzo, i finanzieri del comando provinciale di Bologna, unitamente agli uomini dello Scico (Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata), con il supporto dei militari in forza ai comandi provinciali di Firenze, Pistoia, Napoli e Salerno, hanno dato esecuzione – come sviluppo di complesse indagini dirette dal dottor Roberto Ceroni della Dda, Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bologna, con il coordinamento della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo – ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del tribunale felsineo, nei confronti di 4 personaggi indiziati della commissione, in concorso tra loro, del reato di tentata estorsione aggravata dal “metodo mafioso”.
Tutti e quattro, originari della Campania (tre della provincia di Napoli, uno di Salerno), sono stati rintracciati e arrestati a Montecatini Terme, dove sono anche state fatte perquisizioni. Tutti sono risultati appartenenti alla criminalità organizzata di stampo camorristico.
Vittima un imprenditore toscano ma residente da anni nel bolognese, titolare di un’azienda di logistica di trasporti a Castel Maggiore. L’uomo aveva ricevuto una proposta commerciale rivolta però con il classico metodo mafioso: minacce dirette, anche ai famigliari.
L’ attività investigativa è partita da un’autonoma attività, svolta dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata, del Nucleo polizia economico finanziaria di Bologna, per la prevenzione/repressione dei tentativi di infiltrazione mafiosa nel tessuto economico legale. Le indagini hanno consentito di ricostruire, nei particolari, l’episodio di tentata estorsione nei confronti dell’imprenditore bolognese. Gli indagati gli avrebbero “proposto” la cessione, a titolo oneroso, di crediti d’imposta fittizi: l’imprenditore/vittima avrebbe dovuto acquistare da una società nella piena disponibilità degli indagati un credito Iva di circa 4,8 milioni di euro.
La “proposta commerciale” sarebbe stata avanzata avvalendosi del “metodo mafioso”, ovvero in virtù di una forza di intimidazione tale da generare una condizione di grave assoggettamento e omertà attraverso reiterate e gravi minacce dirette e ai suoi affetti. Gli approfondimenti di tipo economico-finanziario condotti nei confronti della società detentrice dei crediti, ha permesso di accertare altresì la natura fittizia degli stessi: questa, infatti, a fronte di un volume d’affari dichiarato di oltre 20 milioni di euro, ha emesso e ricevuto fatture per importi trascurabili maturando, invero, un debito Iva.