IL RICORDO

I cento anni di Alfredo Martini

Un simbolo per il ciclismo italiano, era nato a Calenzano e poi si era trasferito a Sesto.

I cento anni di Alfredo Martini
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Ricorre oggi, 18 febbraio,  il centenario della nascita di Alfredo Martini: ciclista ai tempi di Coppi e Bartali, partigiano della brigata Lanciotto Ballerini durante la seconda guerra mondiale e commissario tecnico della Nazionale Italiana di Ciclismo dal 1975 al 1997, Martini, scomparso a 93 anni nel 2014.

I cento anni di Alfredo Martini

Il 18 febbraio ricorre il centenario della nascita di Alfredo Martini che per ben ventitré anni ha ricoperto la carica di Commissario Tecnico della nazionale ciclistica portando gloria e fama anche alla città di Sesto Fiorentino.

Il Covid ha ridotto enormemente i festeggiamenti che la nostra amministrazione comunale e quella di Calenzano avevano pensato per questo giorno. Per conoscere le sue vittorie, i suoi viaggi, insomma tutta la sua  attività sportiva basta andare in qualsiasi biblioteca e anche in libreria per trovare infiniti volumi e articoli largamente arricchiti da tante foto, che parlano di Alfredo e dei suoi successi.

Ma noi oggi vogliamo raccontare l’uomo, la sua vita, la sua famiglia e alcuni dei suoi pensieri perché due sono stati i grandi amori dell’amatissimo commissario tecnico: i suoi familiari e il ciclismo. Iniziamo col dire che Alfredo Martini nacque a Firenze in ospedale e visse i primi anni a Calenzano con la mamma Regina, il babbo Fortunato, detto Pietro, e i fratelli Armando e Artemisia. Aveva dodici anni  quando la famiglia venne ad abitare a Sesto Fiorentino, vicino alla chiesa di Colonnata, a due passi dalla Manifattura di Doccia dove Fortunato lavorava come addetto ai forni.

I suoi racconti

«Ho tanti ricordi di quando ero ragazzo – ci disse lo stesso Martini durante una intervista – la felicità della prima bicicletta – che costò ben 420 lire, il corrispettivo di un mese di lavoro di mio padre – le pedalate con gli amici, le partite di calcio coi compagni di scuola, i primi allenamenti clandestini e i tanti libri che amavo leggere».

Alfredo si è sempre rammaricato di non aver potuto studiare ma la situazione economica della famiglia non glielo aveva permesso. Si era nel ’35 -’36  quando entrò a lavorare alla Pignone come apprendista meccanico. Aveva pochissimo tempo libero, faceva i turni e lavorava anche il sabato, ma appena poteva  prendeva la bicicletta e via con gli altri ragazzi anche più grandi di lui. Si fece prepotente la passione per il ciclismo e cominciò a correre contro la volontà dei suoi  perché avevano paura della tubercolosi: il pedalare sulle strade sterrate in una nuvola di polvere accentuava la possibilità di ammalarsi. Così Alfredo correva di nascosto ai genitori, ma quando cominciò ad andare bene non poté più nasconderlo e il padre e gli amici andavano a fare il tifo per lui e così la sua strada si incuneò totalmente nel mondo del ciclismo. Aveva ventisei anni quando Alfredo sposò la sua Elda con il quale ha trascorso tutta la vita; gli sposi ebbero due figlie: Silvia e Milvia e in seguito tre nipoti: Edoardo, Matteo, Elia.

Il negozio

All’età di 36 anni lasciò l’agonismo e curò il suo negozio di abbigliamento in via Cavallotti, dal ’57 al ’69. Negozio  che divenne ben presto un punto di riferimento per i corridori dell’epoca  che si rivolgevano a lui per un incoraggiamento o un consiglio e che lui accoglieva con  grande disponibilità forte della sua saggezza e altruismo, doti che lo hanno fatto diventare un grande commissario tecnico e che lo hanno aiutato a sopportare due grandi dolori: la scomparsa della moglie Elda che aveva condiviso una vita di sacrifici e di gioie e la morte  improvvisa e inaspettata di Franco Ballerini, di quel suo giovane sostituto  che amava come un figlio e che illuminava la sua casa con la franchezza del suo sorriso quando veniva a trovarlo a Sesto  per un saluto, un caffè, una chiacchierata. Gli fu strappato con violenza, repentinamente e con lui se ne andò un sogno, un progetto di vita. Alfredo visse questa perdita come una immensa ingiustizia e con profondo  dolore.

La bici come strumento di pace e aggregazione

Vedeva la bici come uno strumento di pace e di aggregazione, quella bici che lo aveva aiutato in tempo di guerra a salire a Monte Morello a portare cibo e medicinali ai partigiani che vi si erano rifugiati. Alfredo Martini ha lasciato i suoi familiari il 25 agosto 2014 dopo aver aspettato la nascita del piccolo Cosimo, che insieme a Giovanni rappresenta la continuazione della famiglia Martini, i bisnipoti di questo grande uomo umile e modesto che ha avuto un solo rimpianto nella sua lunga e meravigliosa vita quello di non aver potuto studiare. Noi crediamo che non sia stato un gran male perché è rimasta genuina e spontanea la sua sensibilità che lo portava ad avere un grande rispetto per tutte le persone e specialmente per i giovani: «Dobbiamo ascoltarli, imparare da loro», ripeteva sempre.

I ricordi delle figlie

«Con lui se n’è andato la persona più giovane di tutti noi,  nostro padre era un uomo che precorreva i tempi, vedeva  il futuro – hanno affermato Silvia e Milvia -  e sarebbe stato  davvero contento di sapere che la pista ciclabile che lui auspicava da anni è stata intitolata  a suo nome, un grande regalo per lui che vedeva nella bicicletta il mezzo del futuro».

Ci chiediamo che padre sia stato, l’uomo oltre al grande tecnico: «Dolce e severo – ha risposto Milvia, la figlia minore – era sempre molto impegnato, ma quando era a casa si dedicava a noi; ricordo che mi portava in bici in campagna a cercare gli asparagi, ma io avevo sempre un certo timore di lui quando ero piccola. Adesso abito nella sua casa, con tutti i suoi ricordi, e lo sento tanto vicino, come se fosse lì con me, è una bellissima sensazione» .

Le due sorelle sono molto legate tra loro, come del resto i loro figli e le loro famiglie, e si rendono chiaramente conto di essere state fortunate ad aver avuto un padre come Alfredo Martini e i suoi insegnamenti di uomo che non guardava all’appartenenza politica o alla nazionalità delle persone ma alla loro valenza interiore ed era sempre proiettato, fino alla fine della sua lunga vita, a migliorarsi e a conoscere la sua profondità spirituale per essere capace di amare meglio e di più. E queste peculiarità, accanto ai successi sportivi, fanno di Alfredo Martini un uomo eccezionale che non sarà mai dimenticato.

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