Uccise l'amica ma è nullatenente, lo stato paga (poco) i familiari - VIDEO
Alla famiglia della vittima una somma di 50 mila euro dal fondo di garanzia per le vittime di reati violenti
C'è una vittima e c'è un omicida, c'è una condanna definitiva e c'è la beffa del risarcimento. La storia risale a una maledetta serata del dicembre 2009 durante la quale una giovane di Gallicano (paese in provincia di Lucca nell'area della Garfagnana) era stata strangolata e uccisa da un amico più grande di lei.
Un omicidio violento
All'epoca in cui si verificarono i fatti fu lo stesso assassino, Simone Baroncini di Pisa, 35 anni in quel tempo, a chiamare i carabinieri, a far ritrovare il corpo della vittima, Vanessa Simonini, sul greto del fiume Serchio a Gallicano, e infine a confessare. In primo grado, in corte d’Assise a Lucca, era stato condannato a 30 anni di reclusione, in appello la pena fu ridotta a 16 anni e nel 2013 la suprema corte di Cassazione dichiarando inammissibile il ricorso dell’omicida, aveva confermato la condanna di secondo grado e anche il risarcimento dei danni ai familiari.
Nessuna condanna sarà mai equilibrata alla fine di una vita e al dolore provato dai familiari per l'ingiusta perdita di una persona cara, ma oltre alla pena ridotta, non vi sarà nemmeno un risarcimento diretto da parte del colpevole perché nullatenente. In questi casi esiste un fondo governativo per le vittime di reati violenti che non risarcisce ma offre un contributo forfettario come indennizzo con un massimale di 60 mila euro. Decisamente basso per crimini del genere.
Reo confesso nullatenente, niente risarcimento
Simone Baroncini è infatti nullatenente, non svolge attività lavorativa e non possiede beni da sottoporre a pignoramento, né un possibile patrimonio futuro aggredibile per soddisfare le pretese creditorie degli stretti parenti della di Vanessa. Ai genitori, per questo motivo, sono stati erogati dal fondo Vittime dei reati intenzionali violenti del Viminale 25mila euro a testa, per un totale di 50mila euro.
Indennizzo dallo stato di 60 mila euro
I legali della famiglia Simonini avevano fatto causa al governo, in particolare alla Presidenza del Consiglio dei ministri titolare del fondo, chiedendo 300mila euro a testa per i genitori di Vanessa e altri 130mila ciascuno per le due sorelle della vittima. Ma la legge 122 del 2016 prevede che abbiano diritto all’indennizzo, in caso di morte della vittima, la moglie e i figli, in loro assenza i genitori, in ultimo, se non vi sono i parenti indicati, i fratelli se conviventi e a carico del deceduto. L’indennizzo è di 50mila euro in caso di omicidio o di 60mila euro, ma solo in favore di eventuali figli.