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Suicidio assistito, primo caso in Toscana senza un contenzioso del tribunale

Intanto ha preso anche nel Granducato la raccolta firme per la proposta di legge popolare regionale "Liberi Subito". Obiettivo 5mila firme

Suicidio assistito, primo caso in Toscana senza un contenzioso del tribunale
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La Toscana fa da capofila al primo caso di suicidio assistito, senza che ci sia un contenzioso in Tribunale. Ed è il primo caso in Italia. A eseguirlo è il dottor Paolo Malacarne, storico ex primario di Terapia intensiva all'ospedale universitario Cisanello di Pisa.

Malacarne oggi ha partecipato al seminario “L’aiuto al suicidio come un diritto?” a Pisa dove ha accennato anche dell’assistenza all’uomo di Piombino che ha seguito all’inizio di quest’anno.

"Io non ho chiesto a questa persona perché ha cercato me – ha raccontato Malacarne – La procedura della Asl Nord Ovest non prevede la messa a disposizione da parte dell’azienda del medico e dei farmaci. A quel punto la persona malata ha cercato il medico a cui rivolgersi. Io non ho fatto domande e loro non mi hanno detto perché hanno contattato proprio me", ha detto a Repubblica.

Il medico ha spiegato anche la differenza tra il suicidio assistito e l’assistenza di fine vita.

"Qui c’è una richiesta esplicita di un malato di porre fine prima alla propria vita - ha detto sempre a Repubblica -  Il motivo è una sofferenza elevata. Per queste persone morire è l’unico modo di non soffrire più. Fanno una richiesta di uscire subito dalla vita.

Nelle cure di fine vita invece la domanda è di vivere al meglio, senza sofferenza, quel periodo di esistenza che la malattia ti consente. C’è quindi ancora un desiderio di vivere. Chi chiede di morire non ha più questa spinta. La mia personale opinione è che non si può abbandonare una persona malata, anche quella che chiede di morire".

Raccolta firme per la proposta di legge popolare regionale "Liberi Subito"

Nel frattempo, in Toscana ha preso il via la raccolta firme per la proposta di legge popolare regionale "Liberi Subito", elaborata dall’Associazione Luca Coscioni, per regolamentare l’aiuto medico alla morte volontaria: la proposta di legge interviene in materia di organizzazione sanitaria per garantire tempi e procedure certi a chi, nel rispetto di quanto previsto dalla sentenza 242/2019, richiede al Sistema Sanitario Nazionale le verifiche sulle proprie condizioni per avere accesso all’aiuto medico alla morte volontaria, il cosiddetto “suicidio assistito”.

L’obiettivo è raccogliere almeno 5.000 firme autenticate e certificate di cittadini residenti nel territorio regionale entro la fine di marzo 2024. Lo scopo è quello di arrivare a una normativa di attuazione (procedure e tempi), secondo i principi dettati dalla Corte Costituzionale (sentenza 242/2019), per accedere alla morte volontaria attraverso l’auto somministrazione del farmaco letale. Una volta raccolte e depositate le firme necessarie potrà iniziare l’iter di discussione, avendo già la Regione dichiarato ammissibile la proposta di legge, ossia rientrante nelle competenze regionali.

A Firenze prima udienza per causa contro Cappato

Non solo ma nelle nelle scorse settimane si è tenuta anche la prima udienza dinanzi al Giudice per le indagini preliminari di Firenze (dott.ssa Agnese Di Girolamo), per decidere sulla richiesta di archiviazione formulata dal Procuratore Carmine Pirozzoli, in relazione al procedimento a carico di Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese, indagati per il reato di “aiuto al suicidio”. Il giudice per le indagini preliminari ha dato 15 giorni al Pubblico ministero per il deposito delle contromemorie e si è riservata di decidere.

Lalli e Maltese, iscritte all’Associazione Soccorso Civile, a dicembre 2022 avevano accompagnato in Svizzera Massimiliano, 44 anni toscano affetto da sclerosi multipla da 6 anni, per poter ricorrere al suicidio medicalmente assistito, poi si erano autodenunciate ai carabinieri di Firenze insieme a Marco Cappato che aveva partecipato all’aiuto fornito tramite l’Associazione Soccorso Civile. Massimiliano non era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, pertanto escluso dalla possibilità di accedere al suicidio assistito in Italia poiché privo di uno dei requisiti della sentenza 242\2019 della Corte Costituzionale sul caso “Cappato-Dj Fabo”.

Nel nostro Paese, proprio grazie alla disobbedienza civile di Cappato per l’aiuto fornito a Fabiano Antoniani e quindi grazie alla sentenza 242/19 della Corte costituzionale, l’“aiuto al suicidio” è possibile legalmente quando la persona malata che ne fa richiesta è affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e – appunto – è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.

Tali condizioni e le modalità devono essere state verificate dal SSN, come accaduto nel caso di Federico Carboni, il quale a giugno 2022 ha potuto accedere al “suicidio assistito” senza che l’aiuto fornito configurasse reato.

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