Toscana nera

Nuova vita per la casa di Pietro Pacciani: ora è un centro di accoglienza per migranti

Il contadino nato a Vicchio vi aveva vissuto fino alla morte nel febbraio del 1998, i familiari hanno messo l'immobile a disposizione dell'amministrazione comunale

Nuova vita per la casa di Pietro Pacciani: ora è un centro di accoglienza per migranti
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Ha una nuova vita la casa di via Sidney Sonnino, civico 28, a Mercatale Val di Pesa, dove aveva vissuto ed era strato trovato morto il 22 febbraio 1998, alla vigilia del processo bis sulle stragi del mostro di Firenze, Pietro Pacciani. 

Da diversi anni è stata messa a disposizione dell’amministrazione comunale che, insieme alla Cooperativa Sociale Coop 21, l’hanno destinata ad alloggio sociale. Ci vivono infatti alcuni migranti. Si tratta di due appartamenti distinti, uno di due stanze e uno di tre e svolgono la funzione di centro di prima accoglienza per i profughi. 

In passato c’erano state anche proteste da parte dei vicini di casa per il degrado che, in alcuni casi, veniva osservato soprattuto all’estero, nel giardino. 

Era stata la famiglia di Pacciani, tuttora proprietaria dell’immobile, a non volerci abitare e quindi offrire la possibilità che i locali fossero utilizzati per aiutare altre persone. Negli anni non era stato possibile vendere una casa divenuta conosciuta in tutta Italia e non solo, per fatti anche negativi e nel tempo anche luogo di pellegrinaggio e visite di curiosi. Impossibile trovare acquirenti. 

La casa di Mercatale Val di Pesa era stata anche teatro di abusi dalla moglie di Pacciani Angiolina e dalle figlie, poi affidate ai servizi sociali.  La vicenda del ’mostro di Firenze’ ha ruotato tutta attorno alla figura di Pietro Pacciani. Fu arrestato il 17 gennaio del 1993 e il processo contro di lui iniziò il 19 aprile del 1994. Ergastolo in primo grado, assolto e scarcerato in appello, sentenza poi annullata in Cassazione. Alla vigilia del processo-bis, il 22 febbraio 1998 Pacciani fu trovato morto nella sua casa a Mercatale, da innocente. Le prime vittime attribuite alla pistola del ’mostro’ furono i due amanti Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, trovati morti in un’Alfa il 21 agosto 1968 a Signa.

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