In 10mila in corteo per la morte della psichiatra uccisa
E' la figlia e tanti altri colleghi a ricordare Barbara Capovani: "Era straordinaria nel fare le cose ordinarie con tanto impegno"
Una città in silenzio. Illuminata solo dalle oltre 10mila fiaccole. Il corteo è silenzioso ma con unico obiettivo: ricordare la psichiatra uccisa, Barbara Capovani, e chiedere più tutele per chi lavora in prima fila.
Così ieri, mercoledì 3 maggio 2023, Corso Italia, a Pisa, è diventato quasi giorno da quelle luminarie accese. Si parla quasi sotto voce, con rispetto. In 10mila che attraversano alcune delle vie principali della città di Pisa: Corso Italia, appunto, piazza dei Miracoli fino ad arrivare all'ospedale Santa Chiara.
Il vento che ogni tanto soffiava, quasi a ricordare la notte primaverile, non ha spento le fiaccole della libertà e della giustizia. E' un corteo lento, che vuole far sentire la propria presenza dopo l'ennesima aggressione, culminata poi con la morte, a un medico.
A ricordare Barbara Capovani i fiori, laddove si è consumata la tragedia. E' qui che le diecimila persone sono esplose in un lungo applauso. Un boato che ha squarciato la notte. Ventimila mani che hanno fatto qualcosa di straordinario.
Il ricordo della figlia
Parafrasando le parole della figlia di Barbara Capovani, Alice, che ha definito la mamma come una donna straordinaria nel fare cose ordinarie con tanto impegno. Così anche quelle dieci mila persone ieri.
«Mia mamma sarebbe stata molto contenta di questa iniziativa», ha detto Alice «Anche perché si sa che i medici vogliono stare insieme solo agli altri medici. Le sarebbe piaciuta molto la borsa di studio che il consiglio dell’ordine dei medici di Pisa ha voluto dedicarle».
E poi l'ultima conversazione con la madre, sempre sullo studio. «"Continua a fare bene ciò che fai. Le uniche cose che mi sono servite sono state studiare, lavorare più di tutti gli altri e pensare sempre al bene dei pazienti senza cercare scorciatoie"».
Barbara era una donna coraggiosa
«Sei mesi fa sono stato aggredito da un paziente e la prima a gettarsi su di me, per difendermi, è stata proprio Barbara. Sentiva la responsabilità. Aveva coraggio». Il racconto è di dottor Luigi Piz, medico del Centro di salute mentale e dell’Spdc. Poi un’altra collega, la dottoressa Isabella Gepponi: «Abbiamo passato 10 anni insieme. Il nostro è un lavoro pericoloso. Siamo in trincea».
Al passaggio del corteo la Normale di Pisa ha spento le luci e gli esercizi commerciali hanno abbassato le saracinesche.
Edlira Mamutaj