Banda di ladri tra Toscana e Liguria: quattro arresti
Gli indagati avrebbero sistematicamente lasciato i cellulari a casa per crearsi un "alibi digitale"
Studiavano le case meticolosamente ed individuavano la vittima di turno in base alle auto posteggiate. Ufficialmente erano vestiti da addetto alle consegne a domicilio, ma nella realtà erano ladri professionisti.
Quattro uomini sono stati arrestati dai carabinieri, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare, con l'accusa di essere i presunti autori di 11 furti in casa messi a segno nelle province di Livorno, Pisa e La Spezia tra il 7 e il 19 di dicembre 2023.
In carcere sono finiti un 43enne e un 27enne residenti a Sarzana e due fratelli di 28 e 30 anni residenti a Viareggio, tutti già noti alle forze dell'ordine.
Le indagini, condotte dai militari della compagnia di Livorno e coordinate dalla procura della città toscana, avrebbero portato allo loro individuazione attraverso l'analisi dei filmati di impianti di videosorveglianza, alle dichiarazioni delle vittime, alle intercettazioni ambientali, a servizi di osservazione e all'esame dei movimenti bancari di alcuni degli indagati.
Erano ben organizzati
"L'impulso che ha consentito la meticolosa ricostruzione degli investigatori - hanno spiegato dall'Arma - risale all'11 ottobre 2023" in occasione di un furto ai danni di una 87enne livornese, derubata da un sedicente operatore del gas che, dopo averla convinta ad aprire le casseforti per evitare danni a causa di una presunta fuga di gas, era riuscito a portarle via monili e gioielli per 30.000 euro.
Le telecamere dell'abitazione avrebbero portato all'individuazione del 43enne, poi attraverso conversazioni telefoniche captate, i militari sono risaliti agli altri tre.
Per i colpi avrebbero usato una Fiat Grande Punto bianca, intestata a un 44enne residente al campo nomadi di Ciampino, a cui, per evitare il collegamento tra i vari furti, avrebbe messo targhe false. La scelta delle case da svaligiare sarebbe avvenuta tenendo conto anche del valore delle auto posteggiate in zona e soprattutto, spiega l'Arma, della "presenza di 'zorli', le casseforti in dialetto sinti", nome dato poi all'operazione.
Comunicavano solo con il walkie talkie
Ancora, gli indagati avrebbero sistematicamente lasciato i cellulari a casa per crearsi un "alibi digitale". Durante la ricognizione dei luoghi si sarebbero tenuti in contatto con apparati ricetrasmittenti walkie talkie riuscendo anche a captare le frequenze radio delle centrali operative di Polizia e Carabinieri, e avvisare il complice in azione nella case dell'eventuale arrivo delle forze dell'ordine.
L'orario dei furti, secondo quanto spiegato, sarebbe stato "accuratamente pianificato tra le 17 e le 20" per poter approfittare dell'oscurità "per aggirarsi nei quartieri residenziali senza essere notati".
Chi agiva materialmente avrebbe indossato la divisa di un addetto alle consegne a domicilio, con indosso anche una mascherina chirurgica e servendosi di voluminosi zaini da raider per nascondere gli arnesi da scasso.