Anni di botte: anziana si ribella al marito violento dopo una vita di soprusi
Non c'è un'età per ribellarsi alle violenze. La storia di una donna coraggio.
Ha deciso di dire basta. Un inferno terreno, come lo definisce lei, fatto di botte e insulti. Lei, la chiameremo Gabriella per tutelare la sua identità, ha 81 anni. L’ex marito 86 anni. Alle spalle un matrimonio infelice e violento.
Anni di botte: anziana si ribella al marito
Siamo nel Chianti. È qui che le percosse hanno inizio sin da giovanissima. Una storia che l’ha intrappolata a lungo tra le mura domestiche. Gli psicologi parlano di dinamiche che affondano le radici nella storia personale di ognuno di noi. “La vittima è intrappolata nella dinamica messa in atto dal maltrattante, ma il perché ci sia caduta in quella dinamica, perché ci si sia trovata e perché ci sia rimasta affonda le radici nella sua storia personale”. Lo stesso vale per il maltrattante. Succede, però, che un giorno si dica basta. È qui che nascono la forza e il coraggio di una donna ultraottantenne, che ha deciso di chiudere per sempre la porta alle sue spalle e di ricostruirsi una vita da capo. «Non è giusto che a 80 anni uno viva nell’inferno. Probabilmente in un’altra vita ci andrò, ma per adesso voglio vivere serena. È giusto che anche a questa età uno ritrovi la propria pace. Forse l’ho fatto un po’ tardi, ma come si dice in questi casi non è mai troppo tardi». Sono parole semplici quelle di Gabriella, che non ha perso, nonostante la vita l’abbia messa a dura prova, né la gentilezza d’animo né il sorriso. Anni di ingiurie e di maltrattamenti, «confessati» solo a se stessa e poi ai figli.
Ma non è l’unico caso. Solo qualche settimana fa sono stati protagonisti sempre due 80enni. Questa volta siamo a Campi Bisenzio. Qui l’uomo ha picchiato la moglie, colpendola in testa più volte con una statuetta in metallo raffigurante padre Pio. Anche qui le violenze avevano origini lontane.
Secondo l’indagine Istat, le donne che hanno subito violenza dal partner sono il 3,5% e 3,9% quelle che l’hanno subita dall’ex partner. Il dato, purtroppo, non è disaggregabile a livello regionale e ciò non permette di capire se e quando una presenza capillare di servizi di sostegno alle donne possa influenzare la decisione d’intraprendere il percorso di uscita. Nel periodo che va dal primo luglio 2009 al 30 giugno 2019, le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza (cav) toscani sono state 25.976 di cui 3.539 hanno fatto ricorso ai cav negli ultimi dodici mesi della rilevazione. Nella nostra regione ogni giorno dieci donne si rivolgono per la prima volta ad un centro antiviolenza.
A segnalare le donne sono stati soprattutto i servizi sociali (22%), le forze dell’ordine (14,7%), il Codice Rosa (8,1%) e i consultori (1,4%). Come rilevato nei passati monitoraggi, le categorie presenti in questa informazione non riescono a rendere conto della complessità dei percorsi delle donne: il 53,6% di loro è infatti segnalata da “altri soggetti”.
Chi sono le donne che si sono rivolte al centro antiviolenza negli ultimi dodici mesi?
Le informazioni anagrafiche inserite nell’applicativo ci permettono, come ogni anno, di fornire una fotografia delle utenti che, nel corso del tempo, non presenta mutamenti rilevanti. Come nei periodi precedenti, anche nel 2018/2019 a iniziare un percorso di uscita dalla violenza sono soprattutto donne dai 30 ai 50 anni, con una maggior frequenza delle più giovani tra le donne straniere, le quali rappresentano meno del 30% del totale. Anche dal punto di vista del titolo di studio e del tipo di occupazione le oscillazioni che si notano nel corso degli anni non sembrano tali da poter permettere di individuare tendenze rilevanti. A fronte di un aumento di donne con titoli di studio elevati nella scorsa rilevazione, negli ultimi dodici mesi sono cresciute le donne con titoli di studio medi. Rispetto alle tendenze registrate nei precedenti due monitoraggi, gli ultimi dodici mesi hanno visto una diminuzione delle ragazze che si sono rivolte ai centri, avvenuto, per alcune realtà, in concomitanza con una diminuzione degli interventi realizzati dai centri nelle scuole. Il numero di minorenni è troppo basso per poter permettere un’analisi accurata, anche se riconoscere i segni della violenza fin da giovanissime è infatti fondamentale per la propria vita futura.
La situazione socioeconomica è un dato importante per capire quali siano gli interventi necessari per agevolare il percorso di uscita delle donne. L’instabilità economica è un elemento altamente frenante per decidere di uscire da una relazione violenta, a prescindere dal livello culturale o dal benessere del nucleo familiare: discriminante è la possibilità di contare su una propria autonomia economica. Circa il 45% di donne italiane e oltre il 65% di quelle straniere non può contare su un’occupazione stabile.
Il Covid e la violenza domestica
Con la chiusura forzata in casa sono aumentate anche le violenze domestiche. In 15 giorni, dal 15 al 29 aprile, il messaggio della campagna nazionale antiviolenza che invitava le donne a segnalare abusi ed episodi di stalking al numero 1522 ha avuto oltre 6 milioni di visualizzazioni. Circa 16mila gli utenti che hanno cliccato per avere più informazioni e approfondimenti.