Desidera ingrandire il pene, ma qualcosa va storto e rimane impotente
L'odissea di 40enne toscano che ha portato in tribunale il chirurgo. Adesso dovrà essere risarcito con 110mila euro
Un’odissea sanitaria, che gli è costata una impotenza permanente con «l’impossibilità dell’atto sessuale» e difficoltà nella corsa. E’ una storia di speranza e di malasanità quella di un 40enne toscano che si è sottoposto a un intervento chirurgico per l’ingrandimento del pene.
Ma qualcosa è andato storto. Dopo un primo intervento, il paziente ha iniziato ad avere i primi problemi. Come delle cisti, spiegherà poi in aula. Da qui il calvario.
E' il quotidiano Repubblica a raccontare l'odissea del 40enne. Secondo il quotidiano, infatti, il tposcano per risolvere, inizialmente, si è sottoposto a due interventi di lipofilling: ovvero trasferire del grasso da una parte all’altra del corpo dove necessario.
Il medico ha cercato di rimediare
Ma anche questa volta non va come previsto e il risultato non è quello sperato. Così nei tre anni successivi il chirurgo ha cercato di rimediare all’errore con una dozzina di interventi. Non ci riuscirà.
Infatti, nuovamente i genitali non mantengono forma e volumi previsti. Si formano accumuli di grasso che ne «deformavano l’anatomia», si legge nella sentenza del tribunale di Pistoia.
Difficile anche stabilire il numero degli interventi, eseguiti in diverse strutture. Mancano le prove, secondo i consulenti tecnici che hanno accertato, che per le infiltrazioni, sarebbe stato utilizzato anche del «silicone, materiale vietato sin dal 1993».
Il medico si difende e respinge qualsiasi accusa, sottolineando davanti ai giudici che il 40enne toscano era rimasto soddisfatto degli interventi. Tanto che avrebbe inviato foto e video per testimoniare il risultato. Ma non è sufficiente per i giudici. Anzi, è del tutto irrilevante.
Di certo c’è il tentativo del medico in circa tre anni di rimediare all’errore iniziale. Le complicazioni, infatti, sono nate fin dopo la prima operazione. Il risultato estetico inizialmente era sembrato soddisfacente, poi sono arrivate le complicanze e il travaglio.
E all’ennesimo invito del chirurgo di ritornare sotto i ferri, il 40enne ha deciso di portare tutti in Tribunale.
I giudici hanno riconosciuto la colpa del medico, che, si legge nella sentenza, ha avuto una «condotta imperita e negligente», eseguendo delle «pratiche sanitarie scorrette e dannose».
Un altro capitolo è il risarcimento. Infatti, al paziente è stata riconosciuta una «condotta incauta», che avrebbe causato circa il 30% del danno.
E dai 153 mila euro di risarcimento indicati è stato risarcito con soli 110mila euro.