Gangale, presa tutta la banda
La tragica rapina del 2013 a Buriano che sconvolse l’Italia intera: i malviventi fuggirono fino a Vernio
Dopo dieci anni dalla violenta rapina in villa a Buriano (Quarrata) è stato arrestato l’ultimo componente della banda di malviventi che, nel 2013, aggredì e accoltellò alle spalle Gian MicheleGangale rendendolo gravemente invalido.
Otto anni di indagini e intercettazioni svolte in sinergia con le autorità albanesi, hanno permesso di chiudere definitivamente il cerchio dei responsabili del tragico furto. Nei giorni scorsi, infatti, i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Pistoia, in collaborazione con il Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia e l’ufficio dell’Esperto per la Sicurezza di Tirana hanno tratto in arresto Selman Balla, un cittadino albanese di 56 anni, ritenuto il basista dell’efferata aggressione ai danni di Gangale.
Il tribunale di Pistoia, infatti, aveva condannato l’uomo in via definitiva a undici anni e dieci mesi di reclusione con l’accusa di rapina, lesioni gravi, ricettazione e porto abusivo di armi ma le tracce dell’uomo si persero pochi giorni dopo i primi arresti. L’autorità giudiziaria italiana aveva disposto l’ordine di carcerazione ma Balla, che nel frattempo riuscì a fuggire a piedi nella zona di Vernio, riuscì a raggiungere l’Albania facendo perdere le sue tracce. Un lavoro lungo otto anni quello degli uomini del comando provinciale dei Carabinieri di Pistoia, i quali sono riusciti a rintracciare l’ultimo componente del gruppo criminale attraverso l’attenta analisi dei profili social e stretta collaborazione dei colleghi albanesi. L’uomo si trova adesso nel carcere di Tirana in attesa che vengano completate le procedure per l’estradizione in Italia.
Il commento dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime
«Nonostante siano trascorsi molti anni dai reati commessi, il coordinamento delle forze dell'ordine Italiane e albanesi ha consentito l'arresto del latitante - ha commentato Daniela Pancani Referente Nazionale Enti Locali e Sanità Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime che in questi anni ha seguito passo passo la vicenda a fianco di Gangale - Ci auspichiamo che la procedura di estradizione in Italia dell'arrestato sia la più rapida possibile. Come Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, riteniamo che le condanne comminate a chi ha massacrato di botte Gian Michele Gangale obbligandolo alla sedia a rotelle a vita, senza possibilità di muoversi dal collo in giù, di poco più di undici anni in media, siano sproporzionate per difetto rispetto alla gravità dei reati commessi - ha spiegato Pancani - Ciò è stato possibile anche grazie al fatto che gli imputati hanno avuto accesso al rito abbreviato che consente sconti di pena automatici fino a un terzo per delitti così gravi contro la persona. Qualche anno fa abbiamo dato il nostro contributo affinché questo rito fosse vietato per i reati puniti con l’ergastolo. Ora portiamo avanti la battaglia di vietarli per reati con pena massima uguale o superiore a 12 anni di reclusione».
La vita di Gangale oggi, l’impegno in politica e l’agriturismo
Gangale, rimasto paralizzato in seguito alle profonde lesioni spinali causate dalla lama del coltello, oggi ha 44 anni e vive con la moglie Lidya e la figlia a Quarrata. La rabbia e il dolore per l’ingiusta condanna a vita non riescono a placarsi davanti alle difficoltà quotidiane. Perché se è vero che la giustizia, passo dopo passo, è arrivata a mettere un punto conclusivo; in questa triste vicenda Gangale è l’unico ad aver pagato il prezzo più alto. Un ergastolo senza sconti, senza riduzioni che lo vede paralizzato dal collo in giù incapace di fare qualsiasi cosa senza l’ausilio della moglie. La giustizia sociale però, deve necessariamente unirsi a quella economica che in questi anni sembra non aver accompagnato in tutto Gangale. La richiesta di risarcimento, due milioni di euro, è rimasta vana poiché i malviventi risultano nullatenenti. Al momento la vittima vive con la pensione anticipata ma le spese, per tentare di ricostruirsi una vita dignitosa pesando il meno possibile sulla moglie, sono tante. Nel 2019 la decisione di candidarsi nelle liste di Fratelli d’Italia ad Agliana per chiedere maggiori tutele per le persone disabili. L’abitazione dove avvenne la rapina è diventata oggi un agriturismo il “Sasso Regino”, simbolo di una rinascita importante nata dalla collaborazione del padre Francesco con l’architetto Matteo Sardi.
Otto anni fa la brutale aggressione e l’inizio della vicenda giudiziaria
La mattina del 24 gennaio del 2013, quattro persone incappucciate ed armate fecero irruzione nella villa di Francesco Gangale. L’imprenditore edile, in quel momento si trovava fuori per lavoro ma all’interno dell’abitazione erano presenti la badante rumena e il figlio Gian Michele. Un colpo studiato nei dettagli da parte dei ladri convinti di non trovare nessuno all’interno. Dopo aver sorpreso la donna all’esterno dell’abitazione, intenta a dare da mangiare ai cani l’hanno poi picchiata e legata minacciandola per ottenere la cassaforte. In quel momento Gian Michele, figlio del proprietario dell’immobile, rimasto a casa a causa dell’influenza, scese al piano di sotto trovandosi davanti i quattro malviventi. La reazione degli ultimi, colpiti dalla presenza inaspettata di una seconda persona in casa, fu violentissima.
Nella colluttazione Gian Michele venne colpito con una coltellata alla spalla e alla gola rimanendo da solo in una pozza di sangue per più di due ore. I ladri, dopo aver raccolto un bottino di circa 7mila euro, fuggirono a bordo di una Mini rubata che venne ritrovata tra Vaiano e Vernio il giorno successivo. Pochi giorni dopo l’aggressione tre dei quattro componenti vennero arrestati durante un complicato inseguimento nella zona di Pratilia (Prato). Durante il processo, svolto per rito abbreviato, il giudice accolse la richiesta di condanna a 14 anni avanzata dal pubblico ministero per Pepa Arben ritenuto responsabile del colpo. Il complice Kola Kastriot (34 enne) fu condannato a dieci anni di reclusione mentre l’allora minorenne Gerardo Preci, ritenuto autore materiale dell’aggressione ai danni di Gangale, venne condannato dal tribunale minorile a sette anni di reclusione.
Ma le ferite ed il dolore di quel giorno rimarranno sul corpo di Gian Michele per il resto della sua vita.
A fianco ed a destra Gian Michele Gangale in una cerimonia pubblica alla presenza della deputata pistoiese Caterina Bini e durante la campagna elettorale ad Agliana nel 2019. In fondo un’altra veduta della zona dove avvenne la drammatica rapina nel 2013
Al “Giornale” il commento di Daniela Pancani, referente nazionale enti locali e sanità “Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime” e che ha seguito da vicina tutta la vicenda. «Nonostante siano trascorsi molti anni dai reati commessi, il coordinamento delle forze dell'ordine Italiane e albanesi ha consentito l'arresto del latitante Riteniamo che le condanne comminate a chi ha massacrato di botte Gian Michele obbligandolo alla sedia a rotelle a vita siano sproporzionate per difetto rispetto alla gravità dei reati commessi: un qualcosa di possibile anche grazie al fatto che gli imputati hanno avuto accesso al rito abbreviato»