L'estate viola e l'evoluzione di Italiano. Squadra ambiziosa e ricca di talento
di Manfredi Pontello
Il ritiro viola a Moena prosegue a ritmi sostenuti. La preparazione della squadra allenata da Vincenzo Italiano procede con grande solerzia, rispettando meticolosamente il programma redatto dal tecnico e dal suo staff, che vede alternare intense sedute di lavoro (dove rispetto al fondo, a prevalere è quasi sempre l'uso del pallone, ritenuto necessario - ovviamente - per assimilare gli schemi ed definire la giusta configurazione tattica) ad amichevoli contro avversari, sin qui, piuttosto modesti.
L'estate viola e l'evoluzione di Italiano
L’allenatore è ben consapevole di avere tra le mani una squadra ambiziosa, ricca di talento: un gruppo di giocatori che vuole migliorarsi. Tutti gli interpreti, da quanto intravisto in questi giorni di ritiro, si sono messi totalmente a disposizione per cercare, attraverso i dettami del tecnico, di applicare quanto appreso per riuscire ad imporre un gioco dominante ad un calcio divertente. Per questo tutti si sentono stimolati a dare di più e sono intenzionati ad alzare l’asticella.
Sono diversi gli elementi che fanno intuire un ulteriore cambio di mentalità: sempre più giocatori infatti nelle interviste affermano con sfrontata convinzione “Puntare alla Champions League? Perché no? Abbiamo tutto per provarci e ci proveremo fino in fondo”.
Come detto, una nuova mentalità, quella giusta per crescere. L’allenatore spinge tutti i giorni, con grande assiduità. Sono sempre di più quelli che lo paragonano ad un martello: alludendo certo al suo carattere spesso intemperante, ma anche al proverbiale vigore e all'energia spesa nel richiamare i giocatori per inculcare loro i suoi principi di gioco. Un processo di apprendimento a cui Italiano tiene in particolar modo e che mette in luce un aspetto maniacale, quasi ossessivo del suo carattere (con accezione positiva), una meticolosità scrupolosa che da una parte connota il profilo del tecnico gigliato e dall'altra, forse, rileva un'eccessiva tetragonia nel suo modo di allenare.
Dagli elogi, più che meritati, ad una considerazione sul mister che a molti sembrerà critica, ma che invece è intesa a voler stimolare ed incentivare la crescita nel percorso personale e professionale di un allenatore in evidente ascesa.
Italiano deve entrare nella mentalità che per progredire ulteriormente, per raggiungere lo step successivo occorre uscire dalla zona confort che si, è vero, gli ha permesso di distinguersi tra molti altri bravi allenatori, di togliersi alcune soddisfazioni ed ottenere un riconoscimento più o meno condiviso da buona parte dell'ambiente, ma che nel prosieguo della sua carriera rischia di disarmarlo e lasciarlo inerte. L'incapacità di rimodulare e rinnovare i propri principi, e ciò si potrebbe banalmente tradurre con un'apertura a differenti disposizioni tattiche (vista l'ostinazione sul 4-3-3) con le quali far scendere in campo la squadra. Non tenere mai conto delle infinite variabili del caso, potrebbe rivelarsi un grosso limite, oltre che sintomo di preoccupante sicumera.
Un'idea di gioco ben chiara, che però diventando unica ed irreversibile, potrebbe impedirgli di acquisire nuove prospettive, di integrare nuovi principi ed ampliare i propri schemi. La sua forza, la sua ferma convinzione, l'integralismo rischia di cristallizzarlo e vincolarlo.
Per questo mi auspico, anche perché credo che Italiano abbia tutte le carte in regole, che la sua (per certi versi) mirabile intransigenza possa trasformarsi col tempo in maggiore flessibilità. Un'elasticità ben inquadrata.
Italiano dovrebbe trasformarsi in "Italiani". Diventare due persone in una: da una parte mantenere il senso di appartenenza alla sua concezione filosofica e ai suoi precetti calcistici, dall'altra invece, raggiungere una nuova consapevolezza, ossia che le sue idee, oltre a funzionare rappresentare una solida base di partenza, necessitano di essere sviluppate e rielaborate. E' un'evoluzione che gli spetta.