La Regione Toscana ha avviato una sperimentazione innovativa per affrontare aggressioni, frustrazione e tensioni nei pronto soccorso. Si tratta dei “facilitatori relazionali”, operatori non sanitari formati per fungere da intermediari tra pazienti, familiari e personale medico.
L’intento è ridurre l’ansia e migliorare la comunicazione, e di conseguenza gestire situazioni critiche, particolarmente frequenti nei momenti di alta affluenza.
Il progetto, deliberato dalla giunta regionale, coinvolgerà 20 ospedali. In alcune strutture a elevato traffico, come Careggi, Santo Stefano e gli ospedali pisani, il facilitatore sarà presente 24 ore su 24; in altri presidi, il servizio avrà un turno di 12 ore o meno, a seconda degli accessi.
La Regione ha destinato 1,43 milioni di euro per un anno, finanziando l’iniziativa con risorse provenienti dal “fondo sanzioni” relativo alla sicurezza sul lavoro.
Necessità della figura del facilitatore
Secondo l’assessore al Diritto alla salute, Simone Bezzini, molte aggressioni nei confronti del personale sanitario derivano da una cattiva informazione. Pazienti e familiari spesso non ricevono spiegazioni sui tempi di attesa o sull’organizzazione interna, alimentando così la frustrazione.
Il facilitatore avrà il compito di gestire le relazioni nelle sale d’attesa, fornire informazioni aggiornate, mediare conflitti e intervenire per de-escalation in situazioni di tensione crescente.
Tuttavia, le critiche non mancano. Il sindacato infermieristico NurSind definisce la figura “un palliativo” che potrebbe distogliere l’attenzione dalle carenze strutturali più gravi, come la mancanza di personale medico e infermieristico o i tagli ai posti letto.
Particolarmente preoccupato è l’ Ordine degli Psicologi della Toscana, che evidenzia una potenziale “confusione di ruoli”. Sebbene i facilitatori non siano sanitari, opereranno in un contesto emotivamente delicato, dove le competenze di ascolto attivo e gestione delle relazioni sono tradizionalmente di competenza psicologica.
L’Associazione Psicologi Toscana (AUPI) ha inviato una lettera all’azienda sanitaria esprimendo preoccupazione riguardo a possibili sovrapposizioni con attività riservate a professionisti abilitati.
La Delibera regionale specifica che i facilitatori non effettueranno diagnosi né colloqui clinici, non opereranno in autonomia professionale e non richiederanno iscrizione all’albo sanitario.
Il regolamento stabilisce che queste figure devono possedere “competenze trasversali in comunicazione, gestione del conflitto e sicurezza”, ma non ruoli clinici.
La Regione ha previsto una “cabina di regia” per monitorare l’andamento della sperimentazione: se il progetto darà risultati positivi, la figura del facilitatore potrà essere stabilizzata o estesa ad altri presidi.
In conclusione, la Toscana punta su una figura che non cura, ma ascolta, cercando di umanizzare uno degli ambienti più critici dell’ospedale. Tuttavia, il progetto affronta sfide significative: l’Ordine degli Psicologi mette in guardia rispetto al rischio che la mediazione possa sostituire una vera psicologia, con implicazioni deontologiche e professionali. Il bilancio di questa iniziativa “relazionale” potrebbe segnare un cambiamento fondamentale o diventare un campo di conflitto professionale.