Filippo Tomada, direttore dell’Hotel Datini, la struttura da circa un mese e mezzo è un “hotel covid”
«Abbiamo già ospitato più di duecento persone guarite dal Covid»
«Abbiamo preso questa decisione dopo aver valutato il tutto. Anche perché crediamo che ognuno in questo momento storico debba fare la propria parte, in attesa di tempi migliori. Per quel che riguarda il futuro, continueremo su questa strada certamente anche sino alla fine del il prossimo mese. Poi staremo a vedere, ma potremo andare ancora avanti». Parola di Filippo Tomada, direttore dell’Hotel Datini. La struttura di viale Marconi da circa un mese e mezzo è diventata un “hotel covid”, ovvero uno di quelli in cui vengono ospitate le persone guarite dal coronavirus, ma giudicate ancora infettanti (senza più sintomi ma ancora contagiose) quelle impossibilitate a trascorrere il periodo di quarantena presso il proprio domicilio a causa di spazi ridotti che potrebbero portare al contagio dei familiari. Un’adesione certificata dopo il rispetto di alcuni paletti “richiesti” espressamente da Asl, partando dalla presenza di bollitore e phon in ogni stanza e (possibilmente) assenza di moquette. Oltre ai tre accessi agli spazi: uno per i malati, uno per lo staff e un altro per i fornitori. «Essendo un albergo a quattro stelle, eravamo già in possesso di quasi tutti i requisiti – ha continuato Tomada – abbiamo quindi messo a disposizione le nostre ottantanove camere». Le “doppie” sono state temporaneamente convertite in singole, secondo i dettami dell'Azienda Sanitaria. Che riconoscerà all'albergo una cifra pari a 30,90 euro per stanza, a prescindere dal fatto che venga occupata o meno. Gli occupanti non possono ricevere visite, saranno loro interdetti gli spazi comuni e riceveranno i pasti su un tavolino posizionato subito all’esterno dell’alloggio. L’accordo iniziale prevedeva una durata di sessanta giorni, rinnovabile alla scadenza. E la direzione sembrerebbe essere orientata a prolungare l’esperienza anche sino alla fine dell’inverno. Sicuramente lo farà nei primi trentuno giorni del 2021. «Da quando abbiamo aderito, abbiamo ospitato circa duecento pazienti – ha proseguito Tomada – siamo ben consci dell’eccezionalità del contesto attuale». Un comparto, quello recettivo, messo a dura prova dall’epidemia, forse più di ogni altro. «Prato paga sotto questo profilo la penuria di turisti stranieri diretti a Firenze. C’era sempre quella parte che sceglieva di alloggiare in città e approfittarne per una visita per poi raggiungere il capoluogo – ha spiegato Tomada – ma anche la diminuzione del lavoro del distretto tessile ha influito. Si è ridotta ulteriormente infatti la porzione di “turismo lavorativo”, ovvero di chi alloggiava sul territorio comunale per chiudere affari e ripartire il giorno successivo». Tomada tuttavia, si dimostra ottimista. «Servirà ancora del tempo, questo è sicuro – ha concluso – sono però certo che prima o poi tutto si normalizzerà». Il covid19 insomma, continua com’è prevedibile a tenere banco, specie con l’avvicinarsi delle festività natalizie e con tutti i dubbi legati alla “mobilità” nei giorni di festa. Alcuni esponenti del mondo politico hanno chiesto un incremento del monitoraggio già la scorsa settimana. «Chiediamo che l'amministrazione si attivi perché venga istituito, presso le società di servizi, un numero verde appositamente dedicato agli ultrasessantenni che sia in grado di fornire un supporto specifico a queste categorie nell’interfacciarsi con le aziende. In particolare nel fornire assistenza a tutti quei cittadini che hanno maggiore difficoltà ad una gestione “telematica” della loro pratica e che sovente si assembrano presso gli uffici – ha affermato ad Claudio Belgiorno, capogruppo di Fratelli d’Italia – e che predisponga una serie di controlli più stringenti da parte della polizia municipale presso le fermate degi autobus in coincidenza degli orari di ingresso e di uscita degli istituti scolastici. Per limitare ulteriormente casi di potenziali assembramenti e quindi di contagio». Ma qual è la situazione-covid19 attuale, in termini numerici? Secondo Ars Toscana, Prato ha ormai superato quota 10mila contagi, da marzo ad oggi, piazzandosi al sesto posto delle province più colpite dopo Firenze, Pisa, Lucca, Arezzo e Pistoia. Rispetto ad altri contesti provinciali, ha se non altro fatto registrare meno decessi: solo Grosseto, Siena e Arezzo ne hanno registrati meno. Quel che piuttosto continua a destare preoccupazione (pur essendo preventivabile, in virtù dell’alta densità demografica) è piuttosto la “prevalenza di casi positivi”: il “tasso grezzo” parla ancora di 3851 casi ogni 100mila abitanti, il più alto della regione. La particolarità del “caso pratese” parrebbe piuttosto riguardare i “luoghi del contagio”: solo il 30% dei contagiati ha contratto il virus in famiglia, la percentuale più bassa in assoluto. Al contrario, il 52% è risultato positivo in una molteplicità di situazioni che Ars ha raggruppato nella categoria “altro”, escludendo quindi il luogo di lavoro, il nucleo familiare, l’ospedale, le rsa e l’estero. La “varietà” più alta tra i confini regionali, che quindi induce potenzialmente ad una maggiore difficoltà nell’individuare preventivamente i focolai, in quanto il fronte delle possibilità appare ampliato. I numeri dello scorso mese sembrerebbero tuttavia alle spalle, per il momento. L’attenzione resta ovviamente altissima, perchè i virologi pongo l’accento sulla “terza ondata” e tanto dipenderà dalle feste. I posti letto in più garantiscono almeno un maggior ottimismo. E non è escluso che nell’arco del 2021, sulla scia dell’Hotel Datini e dell’Hotel Flora, altri alberghi pratesi possano tramutarsi in via temporanea in “hotel covid”.