Montecatini “snobba” Leonardo da Vinci
La città termale e tutta la Valdinievole si stanno facendo sfuggire una grande occasione
Montecatini e la Valdinievole hanno perso, e stanno continuando ad ignorare, una grande occasione, collegare il territorio al nome del più grande genio italiano: Leonardo Da Vinci.
Le possibilità sono molteplici ma partiamo della più semplice e chiara.
Una prova importante, che sottolinea il legame tra Leonardo Da Vinci e la Valdinievole, è l’individuazione (sostenuta da studiosi come Carlo Pedretti, Alessandro Vezzosi e Oreste Ruggiero) del territorio valdinievolino in un disegno giovanile del maestro datato 1473, quando il genio vinciano aveva solo 21 anni.
Abbiamo parlato di questo tema con l’architetto di Montecatini Terme Oreste Ruggiero, un vero esperto di cose vinciane e che mi mostra quel disegno che lui ha colorato come si fa nelle illustrazioni per bambini.
“È vero e vorrei affidarmi sempre più alla spontaneità dei bambini. Fu un bambino che quando presentai lo studio su quel disegno di Leonardo all’Istituto Italiano di Cultura a Vienna, e che a mio avviso nasconde un messaggio-racconto oltre la rappresentazione di un paesaggio, affermò di vedere al suo interno quanto io sostenevo (un leone, un’aquila, un drago…), anticipandomi nell’illustrazione. Mi sembrò di essere nella famosa favola dove soltanto un bambino ebbe il coraggio di affermare spontaneamente «Il re è nudo!». Comunque quella di Leonardo è anche la rappresentazione di un paesaggio che sostengo essere la Valdinievole e oltre, fino al Mare Tirreno.
Sarebbe già questa un’opportunità unica, per ‘legare’ (come i suoi famosi nodi o intrecci) il nome di Leonardo ad un territorio che dovrebbe offrire benessere, natura, arte, cultura e salute fisica e mentale, se non addirittura cura dello spirito. Quanto, in breve, ha costituito la storia e l’essenza di Montecatini, quando era una sorta di città giardino, anche per qualità della vita, totalmente diversa dalle altre realtà urbane”.
Lei è un grande studioso di Leonardo quindi, in qualità di esperto, cosa ne pensa della possibilità di “legare” il suo nome a quello della Valdinievole?
“In passato ho scritto ai vari Sindaci ed alla Regione, per valorizzare questo territorio nel nome di Leonardo. Non solo perché è rappresentato, ne sono convinto, nell’opera di Leonardo e da lui firmata all’età di 21 anni, ma perché lo stesso territorio è stato anche di interesse del maestro quando, dopo la sua permanenza di 20 anni a Milano, è tornato a Firenze e ha eseguito uno studio (presente sulla mappa del 1503 custodita nella Royal Library del Castello di Windsor) del territorio per la deviazione, o meglio dire per un ulteriore percorso, dell’Arno dal suo corso naturale”.
Che percorso avrebbe dovuto avere il fiume?
“L’Arno avrebbe dovuto passare esattamente sul tracciato dell’attuale autostrada tra Firenze, Prato e Pistoia, seguendo poi il percorso del torrente Nievole, tra Montecatini Alto e Monsummano Alto, quindi immettersi nell’area palustre, che all’epoca era molto prossima a Montecatini, e da lì poi ritrovare, verso Pisa, il raccordo col suo alveo. Soprattutto il progetto si proponeva di creare un canale fluviale navigabile, esattamente sul tratto che oggi è percorso dagli autoveicoli.
Se tutti i vivaisti che prospettano con le loro aree sull’autostrada si dedicassero al tema per ricordare il percorso studiato da Leonardo, questa iniziativa potrebbe costituire una grande attrazione! Non ricordo più a chi, in occasione delle celebrazioni vinciane del 2019, inoltrai una proposta corredata da un progetto, ma evidentemente cadde nel vuoto…
Ora la zona prevista per accogliere l’Arno è fortemente antropizzata, ma all’epoca il progetto sarebbe stato realizzabile, anche se già nel disegno di Leonardo del 1473 si può notare a valle la presenza di alcune costruzioni cilindriche, forse le cosiddette rotonde medicee, realizzate a mattoni, poste a protezione delle sorgenti termali. Sarà un caso, ma il settecentesco Tettuccio dell’architetto granducale Paoletti ai lati aveva proprio due strutture semicircolari, forse a citazione di quelle medicee… Ci sono dunque tanti elementi del nostro territorio che riconducono al nome di Leonardo, e sono elementi anche di valore scientifico, non solo ipotetico, che andrebbero ulteriormente approfonditi e valorizzati con studi appropriati”.
Certamente la cosa è interessante, ma servirebbe una sponda istituzionale. Ha provato a sollecitare i nostri politici?
“Devo dire che nel tempo ho tentato in più occasioni, aprendomi e rivolgendomi alle persone e non ai colori politici. Ma non ho ottenuto risultati, forse perché questi progetti si affrontano con l’entusiasmo e con l’amore verso il sapere e non meno per la nostra storia, di cui dovremmo, almeno per il passato, essere orgogliosi. Questo anche grazie a personaggi come Leonardo che noi potremmo avere molto vicino alla nostra identità territoriale e non solo come lo è nel resto del mondo quale uomo universale. Soprattutto occorre una visione più ampia del normale e che vada oltre, forse ai limiti del sogno; un sentimento che non appartiene più, mi sembra, alla visione politica. Ma, se lo vogliamo dire in modo un po’ meno elegante, basterebbe almeno l’impegno di qualcuno che ne voglia fare un’operazione di marketing territoriale, legando il nome di Leonardo al nostro contesto geografico… La città di Amboise e il castello di Clos Lucé in Francia dove Leonardo ha vissuto soltanto gli ultimi anni della sua esistenza potrebbero dimostrare qualcosa a riguardo”.
Sicuro sia cosa fattibile?
“Lo si potrebbe fare senza forzature, perché pochi territori come la Valdinievole sono stati identificati e ‘percorsi in lungo e largo’ da Leonardo, come amava dire il più grande studioso di Leonardo, Carlo Pedretti. E se anche non ci fosse un parere così autorevole, basta leggere le carte custodite a Windsor, dove Leonardo scrive: ‘Bagno’, riferito alle sorgenti termali, ma anche ‘Montecatini Alto’, ‘Monsummano Alto’… Ma anche ‘Collodi’, ‘San Gennaro’. Come vede il nostro territorio e dintorni è proprio questo”.
La sua è un’idea meravigliosa, però a Montecatini e in Valdinievole siamo abituati a sprecare le occasioni, non crede?
“In effetti Montecatini non è riuscita a fare, in questi anni, la tanto attesa piscina termale, nonostante un progetto fosse pronto e cantierabile, approvato da Comune e Soprintendenza con una copertura in cristallo per l’utilizzo nel periodo invernale, che io stesso avevo progettato per il recupero delle Terme Leopoldine. Un progetto poi azzerato per farne uno nuovo, che poi tanto nuovo rispetto al mio non era e forse, lo dico senza falsa modestia, lo peggiorava creando una sorta di “Idroscalo”..., con un ristorante sopra (cancellandola per sempre) l’antica sorgente Olivo.
Adesso credo che sia un po’ tardi, per rendere la città competitiva con una piscina termale, sia pure meravigliosa. Ormai, ne sono state realizzate in tante parti del mondo, ad esempio nel Qatar, dove ho progettato il restyling dell’anfiteatro di Doha nel 2006, stavano già pensando di realizzare una piscina termale con centro benessere nel deserto e sicuramente i mezzi di quei Paesi sono davvero immensi. Ma non hanno il nostro contesto storico e ambientale; fino a poco fa dicevo anche la nostra sensibilità artistica e culturale… Ma oggi non mi sento più di poterlo dire e questo mi addolora; soprattutto per i giovani che dovrebbero essere aiutati a conoscere, amare la nostra storia e la nostra tradizione; altro che la piatta e annichilente globalizzazione!”
Quindi lei cosa suggerirebbe di fare per il territorio, partiamo da Montecatini?
“Non credo che Montecatini possa essere un esempio per un’inversione di rotta nel pensiero globale, anche se la vicinanza alla Natura (ma anche alla filosofia di Leonardo e non solo alle sue macchine…) potrebbe aiutare e illuminare in tal senso, ma come dicevo prima è necessario pensare in grande fino alla soglia del sogno e poi agire concretamente; attraverso la fatica e la realtà (senza tirare in ballo come un disco “incantato” - sta per i due sensi - sempre i miraggi del PNRR…) per quanto realisticamente possiamo fare. Noi abbiamo una storia unica come città termale ed è necessario, non potendo più credere nella città delle grandi piscine, tornare all’offerta originaria delle terme: i benefici delle acque di Montecatini (che dovrebbero tornare ad essere ambiziosamente un marchio internazionale) uniti a relax, natura, riappropriandosi del tempo “umano”, dei suoi ritmi e dei suoi valori. L’idea delle Terme, andando quindi nel futuro attraverso il passato, dovrebbe costituire una porta di accesso all’epoca che le ha lanciate come moda -modo di vivere- europea: insomma i primi del ‘900 con tutte le sue contraddizioni e grandi potenzialità. Quello era un sistema dove il benessere fisico si coniugava con quello dello spirito attraverso la natura, la cultura, lo spettacolo e l’arte. È sufficiente pensare a quanti teatri erano presenti a Montecatini, quante gallerie d’arte, quanti eventi di cultura di livello internazionale… E tutti potevano coesistere e sopravvivere.
Lei pensi che il Grocco, dove realizzai la prima piscina termale pluripubblicata, poi distrutta nel progetto Fuksas invece di integrarla nel progetto del “sistema” Leopodine, era adibito a biennale d’arte.
Se non altro un progetto all’insegna della tradizione mitteleuropea potrebbe ricordare e riproporre anche l’identità culturale dell’Europa, di cui ha fatto parte anche la Russia (mentre non usiamo nemmeno questa potenzialità per essere protagonisti di pace), che oggi è solo all’insegna della finanza”.
Si ma da dove partire con una spesa modesta, sostenibile?
“Con una spesa modesta, dal punto di vista dell’investimento, la città potrebbe riappropriarsi intanto della sua vocazione artistica. Visto che ci sono sul territorio tanti spazi dismessi, potrebbero essere ripristinati per questa funzione. Ma non solo; se pensiamo a chi viene a Montecatini, sappiamo bene che lo fa unicamente (ad è avvilente per una cultura cittadina dell’ospitalità di lunga tradizione) per dormire e soggiornare a poco prezzo, ma l’obiettivo per i cosiddetti “gruppi” è visitare Firenze, i suoi musei e le altre città d’arte.
Montecatini, ovviamente, non può mettersi in competizione con gli Uffizi, ma potrebbe cercare un’integrazione con il Polo museale fiorentino. Si parla molto di Uffizi diffusi, ma io credo che Montecatini potrebbe appropriarsi, di almeno un intero giorno di presenza in città di questo grosso bacino di turisti (una folla notevole che la mattina alle otto parte per Firenze e Pisa), specializzandosi a presentare, illustrare, spiegare in anteprima a quelle persone cosa andranno a vedere e diventare così “protagonista” di quel processo fra cultura e turismo che coinvolgerebbe anche le scuole.
Insomma, una sorta di preparazione, oppure di approfondimento successivo alla visita, costituirebbero una vocazione più nobile per la città, che offrire ai turisti solo il pernottamento e la colazione prima di arrampicarsi sui bus. Questo si può fare davvero con poco, naturalmente creando un contatto autorevole, dell’intera città, e istituzionale con gli Uffizi e gli altri musei.
Ma se non bastasse c’è il tema dell’arte-terapia da sviluppare! Non era forse Montecatini una città del benessere? O dimentichiamo, fra tante altre cose dimenticate, le frequentazioni importanti in tal senso come quella di Giuseppe Verdi?”
Torniamo a Leonardo, un'altra convergenza tra lui e la Valdinievole lei l’ha trovata con Pinocchio, ce la può accennare?
“Leonardo, a differenza di come viene immaginato e rappresentato, avvolto e costretto nella sua pesante palandrana, non era un personaggio arrogante (pensiamo a quanti lo sono oggi senza essere Leonardo…) o barboso, nonostante l’immagine che ormai lo identifica; tutt’altro! La storia, indagandola, lo dice; Leonardo scriveva novelle, aneddoti, canzoni ed era molto salace e dilettevole: un grande intrattenitore. Per questa ragione ho provato a trovare delle convergenze, degli intrecci casuali, tra le sue occasioni di vita e quelle di Pinocchio; nessun parallelismo diretto tra i due però. Tanto per citare un episodio, Pinocchio ha incontrato il Gatto e la Volpe; Leonardo, a Roma, si è imbattuto in due collaboratori tedeschi che gli rubavano gli specchi e lo truffavano; ma è anche approdato, a servizio dal Borgia, nel suo Paese dei balocchi... Insomma un modo di conoscere un percorso di vita di Leonardo e ripercorrere la splendida novella sempre così attuale e vera; (altro che il mieloso Piccolo Principe!) di Pinocchio. Ma soprattutto per esaltare e sollecitare, affinché torni finalmente ad essere attuale, una caratteristica che accomuna Leonardo e Pinocchio diventato bambino, e che io estendo anche all’amico Carlo Pedretti: la gentilezza”.
Tutti parallelismi, o intrecci come li chiama lei, che sono evidenziati nel suo libro Pinocchio & Leonardo, Leonardo & Pinocchio. Una lettura davvero interessante e gradevole. Poco più di cento pagine che si leggono tutte d’un fiato e, potremmo dire, lasciano senza fiato e ci meravigliano come era usuale fare Leonardo con le sue invenzioni o la favola di Pinocchio coi bambini. Il motivo? Perché lei è riuscito, davvero mirabilmente, a far “incontrare” queste due figure apparentemente così distanti tra loro. Non diciamo altro perché non vorremmo svelare il libro, che merita veramente di essere letto.
Sempre in tema di opere leonardiane, ci risulta che lei abbia avuto uno stretto rapporto con l’Ermitage. Ci spiega la cosa?
“Nel 2015, parlando con Carlo Pedretti, seppi che il suo sogno era quello di vedere restaurata la scultura in terracotta dell’Angelo Annunciante di San Gennaro (custodita nell’omonima Pieve vicino Pescia), che si stava letteralmente sgretolando e che era attribuibile, secondo lui, a Leonardo giovane. A riguardo Pedretti aveva scritto un lungo articolo sul Sole 24 Ore nel 1998 e poi fu intervistato sull’argomento a Super Quark da Piero Angela. Addirittura Piero Angela, all’epoca, visitò San Gennaro per vedere la scultura. Alla fine, però, nonostante le promesse istituzionali rituali, non ci fu alcun restauro. Qualche anno dopo, grazie ad amici russi, che accettarono di finanziare il restauro, sono riuscito a coordinare e concretizzare quel progetto di cui si parlava da decenni. Dato che stavo realizzando per loro un museo a Vinci, ho pensato che l’inaugurazione avrebbe potuto coincidere con l’anno vinciano del 2019 e con la presentazione del restauro della scultura di San Gennaro. Così andò, anche se il restauro, a cura dell’Opificio delle pietre dure di Firenze non fu davvero semplice e andò altre i tempi previsti”.
Come mai?
“Perché nel 1700 un sagrestano maldestro fece cadere una scala addosso alla statua di terracotta e la ruppe in ben 28 pezzi. Un artigiano del posto la rincollò in malo modo con del gesso e la ridipinse con nuovi colori sopra quelli quattrocenteschi. Per questa ragione tutti pensavano che fosse una scultura del Settecento, e su questo dovetti davvero combattere. Quest’opera, ora restaurata, e riportata magistralmente dall’Opificio di Firenze alla sua identità quattrocentesca, è stata a lungo a Vinci e quindi è tornata a San Gennaro. Nel frattempo notai anche la scultura di una bellissima ex Madonna del Parto, che era stata utilizzata per secoli come gruppo dell’Annunciazione assieme all’Angelo di San Gennaro. Anche per il restauro di quell’opera mi rivolsi, con successo, agli amici russi. Il gruppo scultoreo era pronto per essere esposto in una mostra dedicata al Cinquecento Fiorentino in programma all’Ermitage. Sarebbe stato un grande momento di valorizzazione delle opere che, una volta tornate a casa, invece di essere ricollocate dentro alla chiesa, avrebbero potuto essere installate in uno spazio adiacente assai suggestivo. Una sorta di piccolo museo quindi, e l’Ermitage, il prestigioso museo di San Pietroburgo, sarebbe stato coinvolto per dare a questa iniziativa una sorta di patrocinio”.
Ma nel frattempo è scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina, la mostra non c’è stata?
“La partecipazione del gruppo scultoreo dell’Annunciazione di San Gennaro all’Ermitage c’è stata in modo virtuale. Il direttore generale del Museo di San Pietroburgo, Mihail Piotrovsky che ha affermato che «i ponti dell’arte e della cultura debbono essere gli ultimi ad essere abbattuti», ha ospitato comunque le immagini che gli ho inviato e altrettanto un mio testo sul catalogo della mostra.
Sintetizzando questa bella chiacchierata, nella quale ci ha veramente affascinato ed aperto gli occhi sulle molteplici possibilità di collegare il nome di Leonardo alla Valdinievole e a Montecatini si può, forse un po’ brutalmente, affermare che: “Montecatini snobba Leonardo da Vinci”?
“È un’espressione un po’ forte, ma nella sostanza non è sbagliata”; ma nulla di nuovo; anche Dante Alighieri è stato snobbato dalla sua città, e talvolta mi chiedo: se Leonardo fosse rimasto a Firenze, senza i suoi trascorsi a Milano, avrebbe potuto esprimersi come gli è stato consentito in quella città? Ma senza andare tanto indietro nel tempo basta pensare ad una figura come Giovanni Papini, completamente dimenticato al quale ho dedicato un’opera in cui le sue parole sintetizzano amaramente il declino di un’epoca annunciata da “aggiustare” e da “risanare.
Per questo apprezzo molto che Montecatini non abbia voluto dimenticare Giorgio Gaber dedicandogli un festival. Forse quell’iniziativa andrebbe rilanciata scoprendo soprattutto la filosofia di Gaber; del valore della filosofia ne parla anche in una canzone. Ma è sufficiente andare al titolo delle sue rappresentazioni teatrali: «E pensare che c’era il pensiero» oppure alla domanda affermazione «E voi credete ancora che contino le idee?!». Insomma un impegno per la nuova filosofia (ma non quella “barbosa” e morta con cui ci presentano anche Leonardo e il suo pensiero) che potrebbe partire proprio da Montecatini Terme, l’ex città giardino dell’utopia…
Troppi temi? Forse, e alcuni mi solleciterebbero a ricordare la mancata realizzazione del progetto per il recupero della Cava Maona quale parco-cerniera fra quello della Torretta e Montecatini Alto, dove trovai il consenso entusiastico di Carla Fracci, l’approvazione dell’intero Consiglio Comunale e Regione ma dopo poco quell’area fu destinata, grazie al volere “illuminato” di qualche amministratore, aperto al nuovo che avanzava (come si diceva allora) alla funzione meno nobile ( sta per ignobile) di discarica di terra da scavo…; oppure il progetto con cui vinsi il Bando internazionale per la privatizzazione delle Terme, scelto (al di là di chi me lo aveva commissionato) come ‘progetto-città’ da parte autorevoli commissari (come, fra altri, Barucci e Gurrieri…) e che nessuno si è preso la briga, anche in senso critico, di conoscere; ma preferisco chiudere così continuando caparbiamente (oggi la chiamano resilienza) a credere ancora che “contino le idee e il dialogo vero oltre i social”, invece che dare spazio all’amarezza di quanto è stato, viene e verrà snobbato”.