L’artigiana pratese che ha vestito Shakira, la storia di Franca Verteramo
Partita da Crotone e dopo una vita passata a Prato, nel 2020 ha curato il vestito indossato dalla cantante. Ora il suo sogno è poter insegnare.
Una vita con ago e filo in mano tra tante ore di lavoro e sacrifici, senza però mai perdere l’entusiasmo del primo giorno. Riconosciuta nel 2017 dalla Camera di Commercio come unica maestra artigiana di Prato, Franca Verteramo è riuscita a fare della sua più grande passione il proprio lavoro, ricamando abiti da sogno che hanno sfilato e incantato le passerelle di tutto il mondo, da Milano a Parigi, fino ad arrivare in America. Di origine calabrese, residente a Prato da ormai più di 30 anni, l’amore per il ricamo a filo è nato da piccolissima sulle orme della famiglia, proprietaria di una piccola merceria nel centro di Rocca di Neto, in provincia di Crotone. La svolta nel 2005, anno in cui è iniziata la sua collaborazione con la maison Cavalli che le apre le porte al mondo dell’alta moda, arrivando a lavorare per grandi marchi come Pucci e Fendi. «A Milano ho avuto per la prima volta la possibilità di entrare in contatto con questo ambiente e i ritmi di lavoro incessanti che esso richiede – ha spiegato Franca – Spesso non si riesce a distinguere il giorno dalla notte e si va in albergo solo per una doccia veloce. Ti rendi conto di come esista un mondo parallelo al nostro, in cui la ricerca della perfezione è costante». Celebrità di fama internazionale come Liz Hurley e Poppy Delevingne, ma anche artiste come Shakira: i suoi ricami hanno conquistato proprio tutti.
Tanto che insieme alla colombiana è volata all’Hard Rock Stadium di Miami nel 2020 in occasione del Super Bowl, atto conclusivo del campionato di football americano. «Avevo già preso parte alla realizzazione di altri capi per lei, fra cui l’abito realizzato per la cerimonia inaugurale dei Mondiali di calcio in Sudafrica nel 2010. Questa volta è stato diverso però. Abituata a lavorare nelle retrovie, ho avuto la possibilità di conoscere personalmente una star della sua portata, disponibile e solare, di lavorarci a fianco, di provarle addosso le mie creazioni, concordando insieme su eventuali modifiche e cambiamenti». L’abito della cantante sudamericana, disegnato dallo stilista norvegese Peter Dundas e completamente ricoperto di preziosi Swarovski ricamati a mano, ha incantato più di 100 milioni di spettatori provenienti da ogni parte del mondo per assistere a uno tra i più famosi eventi statunitensi. «È inimmaginabile – ha continuato la maestra artigiana – la quantità di lavoro che vi è dietro a una manifestazione del genere, i mesi di preparazione, l’enorme numero di persone che lavorano costantemente affinché sia possibile mettere in scena uno spettacolo di queste dimensioni.
È davvero qualcosa più grande di noi, che solo chi lo vive e ne prende parte può realmente capire». La scelta dello stilista di un ricamo puramente italiano non è casuale, ma testimonia al contrario la volontà di un ritorno al passato, al lavoro artigianale e a quella manodopera puramente italiana tanto invidiata all’estero per la sua straordinaria qualità. Con una tassazione a livelli stellari, che supera spesso il 60%, l’artigianato nostrano rischia in futuro di scomparire. Inoltre, a preoccupare i lavoratori del settore è non soltanto la mancanza di un rinnovo costante delle maestranze, necessario affinché sia possibile tramandare tecniche antiche alle nuove generazioni, ma anche l’andamento frenetico del mercato della moda alla costante ricerca di novità. «Bisognerebbe valorizzare di più il lavoro artigianale, ma questo in Italia spesso non avviene – la posizione di Franca – Vi sono moltissime associazioni che si battono quotidianamente per tutelare e riconoscere maggiori diritti agli artigiani.
Troppe volte sentiamo dire “vado dalla sarta per risparmiare” e questo non è giusto, perché si rischia di perdere il valore aggiunto del lavoro artigianale. Pensiamo alla grande differenza che vi è fra andare in un negozio e comprare un abito a realizzarlo partendo da zero, dalla scelta del tessuto, al disegno, alla prova finale. Questi sono tutti passaggi che contribuiscono a rendere quel capo unico e speciale. Il periodo del lockdown, che ha messo in pausa le nostre vite regalandoci tempo, ha permesso a molti di riscoprire la bellezza dei lavori fatti a mano, dal ricamo all’uncinetto alla maglia. Molte sono state le aziende che hanno registrato nell’ultimo anno un incremento sostanziale nella vendita dei filati, spesso accompagnando il prodotto con piccole immagini a scopo illustrativo». Il desiderio di Franca è ora quello di trasformare il suo laboratorio in via Tevere a Prato in una scuola. «Il mio sogno è sempre stato quello di insegnare. In occasione di manifestazioni e fiere – ha concluso – ho avuto più volte la possibilità di tenere piccoli corsi legati soprattutto all’arte del macramè, intesa come arte di annodare fili o cordoncini attraverso l’uso delle sole mani. L’idea della scuola nasce non soltanto dalla volontà di trasmettere queste tecniche alle nuove generazioni, ma anche dal desiderio di creare uno spazio in cui poter collaborare con colleghe del settore, scambiarsi idee e confrontarsi quotidianamente».