Tragedia Concordia al Giglio: il veterinario di Montemurlo ricorda quel giorno
Sono passati sette anni da quel fatidico 13 gennaio quando alle 21.45 la Costa Concordia non si rialzò più da quel suo terribile inchino all’isola del Giglio.
Antonello Rum, veterinario di 44 anni, ha uno studio nel centro di Montemurlo ed era là per passare un fine settimana rilassante andando a trovare i suoi genitori nell’isola dove è nato.
Tragedia Concordia al Giglio
Sono passati sette anni da quel fatidico 13 gennaio quando alle 21.45 la Costa Concordia non si rialzò più da quel suo terribile inchino all’isola del Giglio.
Tra i presenti anche il veterinario di Montemurlo Antonello Rum, tra i primi a prestare soccorso in quella terribile notte.
Nei suoi occhi sono ancora impresse le immagini di quella sera
«Io ero al Giglio per il fine settimana. Sono originario di là e ci torno quando posso per stare con i miei genitori. Doveva essere un fine settimana di relax e tranquillità e si è trasformato in un inferno che non dimenticherò mai. Eravamo a cena, mi chiamò mio fratello che nel frattempo era già sceso in piazzetta dicendomi che la Concordia aveva dei problemi. Velocemente presi la panoramica sopra casa mia per vedere cosa stava succedendo. La nave era già inclinata, mi resi subito conto che stava affondando. Si vedevano gli oblò delle cabine che erano già a livello dell’acqua. La cosa era grave, molto grave».
Subito Antonello scese in piazzetta.
«Appena arrivato avevano già iniziato le procedure per mettere in salvo le persone che erano sulla Concordia. C’era tantissima gente, chi piangeva da una parte chi da un’altra, tante persone erano bagnate e i bambini erano stravolti, non capivano cosa stesse succedendo».
La fortuna nella sfortuna, secondo Rum, è stata che dopo l’inchino non appena la Concordia è entrata appoggiandosi verso il porto, scivolò verso Punta Gabbianara e fu sorretta da uno scoglio che le evitò di affondare completamente.
Se fosse affondata sarebbe stato un disastro maggiore
«Sarebbe stato un disastro ancora più grande - conferma Rum - Ora si pensa giustamente a quelle trenta persone che in quella crociera sono morte, ma se fosse affondata ci sarebbe stato anche un disastro maggiore, forse più morti, un disastro ambientale nel caso i carburanti avessero ceduto e in più se fosse rimasta davanti al porto invece che scivolare un po’ di lato verso Punta Gabbianara avrebbe reso l’isola inagibile e isolata chissà per quanto».
Rum insieme agli altri abitanti dell’isola iniziò subito a dare una mano:
«Quando venivano smistate le persone le accompagnavo dove dovevano andare, alcune in chiesa, nei ristoranti. Mi ricordo che tutti aprirono le loro porte per poter dare ospitalità per la notte a più persone possibile. Era il 13 gennaio, faceva freddo. In tanti di loro erano anche in ipotermia. Sono state stimate circa quattromila persone. All’isola del Giglio in inverno di soccorsi c’è poco. Certo nelle ore seguenti arrivarono subito i soccorsi, la protezione civile, tutti. Ma subito nei primi momenti a dare aiuto dovevano essere le persone del posto. Anche io cercai di dare una mano come potevo. Andai a casa e presi tutto quello che potevo tra maglioni, coperte, calzini. Mi misi anche a medicare le ferite più superficiali. Tante persone infatti cercando di uscire dalla nave si erano fatti male, molti magari erano scalzi, e con l’acqua e il freddo avevano i piedi feriti e andavano medicati. Anche gli indumenti sacri furono usati per tenerli al caldo. Mi ricordo che subito a noi che potevamo dare una mano ci insegnarono come utilizzare i salvagenti per poter fare delle scarpe di fortuna. Ricordo tutta la notte un gran via vai continuo, tutti che aprivano le loro case per poter mettere qualcuno al caldo, ma anche tante persone che rimasero in strada e cercavano ogni angolo per potersi riparare dal freddo. Il grosso dei soccorsi arrivò la mattina dopo. Ricordo il rumore assordante dell’elicottero che serviva per far luce: o meglio ricordo il grandissimo mal di testa il giorno dopo perché quel rumore continuo era assordante e ti entrava dentro».
Per Rum è stata una esperienza indimenticabile.
«Sono cose che ti colpiscono. Non solo per le trenta persone morte durante quello che doveva essere un viaggio di piacere. io essendo padre ho pensato a tutte quelle persone che erano nella Concordia insieme ai loro figli. In quel momento in cui ti accorgi che la nave sta imbarcando acqua, che sta affondando da un lato e te devi scappare per quelle scale strette come sono in tutte le navi, insieme a migliaia di altre persone e pensi solo ai tuoi bambini e a come fare per salvarli».
E’ da allora che lo stesso Rum ha tuttora paura all’idea di fare una crociera o anche solo di trovarsi in spazi piccoli.
«Mi chiedo sempre cosa avrei fatto io in quella situazione - continua il veterinario - La mattina dopo non si poteva credere a quello che si vedeva. Quella nave faceva impressione. Sembrava di essere dentro un film, eppure è stata una vera e propria tragedia».
Antonello Rum, 44 anni, è nato e cresciuto all’isola del Giglio. Poi è andato a studiare veterinaria all’università di Pisa dove ha incontrato il suo collega Francesco Bicchi. Dopo un po’ di tirocinio insieme hanno aperto l’ambulatorio in centro a Montemurlo dove sono dal 2001, ormai un’istituzione in città.
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