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Scoperta società di finte badanti, tra gli indagati anche un colligiano

L'esito delle indagini della Guardia di finanza che ha sgominato una vera associazione a delinquere con base a Chianciano Terme

Scoperta società di finte badanti, tra gli indagati anche un colligiano
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C'è anche un 50enne di Colle di Val d'Elsa tra i tre indagati nel business sui migranti. O meglio, il colligiano sarebbe il braccio di quello che è considerato la mente della società. Si tratta di un 44enne, campano, ma residente da anni a Chianciano Terme.

Secondo l’inchiesta del procuratore Nicola Marini e del pm Siro De Flammineis condotta dalla Finanza, dietro a quella società, che in teoria offriva servizi all'assistenza della persona, si nascondeva un hub dell'immigrazione. Un vero business creato per spillare soldi in cambio di finte busta paga, assunzioni o per ottenere il permesso di soggiorno. Primi interrogatori ieri, ma il 50enne colligiano, difeso dall'avvocato Ilaria Marini, si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Hub dell'immigrazione

Intercettazioni telefoniche e telematiche, accertamenti bancari, riscontri in varie Questure italiane, nonché pedinamenti documentati da video e foto di indagati e lavoratori. E' quanto è servito agli inquirenti per scoperchiare un vero vaso di pandora.

Un gruppo criminale ben strutturato composto da sette persone, di cui cinque sodali e due collaboratori esterni, dedito al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed all’impiego di personale straniero non in regola con il permesso di soggiorno. L'accusa è associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Avevano compiti ben distinti

Il promotore del sodalizio aveva due stretti collaboratori. Uno con funzioni amministrative ed uno con funzioni più operative. Quest'ultimo era un vero procacciatore di badanti di nazionalità georgiana, con il compito di reperire le donne. L'atro aveva il ruolo di “faccendiere” che si occupava del loro smistamento sul territorio.

Avevano messo su una vera società dedita a fornire documentazione falsa per ottenere il permesso di soggiorno. In cambio, chiedevano compensi che andavano dai 50 ai 4 mila euro.
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