Parla il fidanzato di Luana: "La giustizia faccia il suo corso"
Alberto Orlandi non ha mai dimenticato la “sua” Luana D’Orazio. Già nell’ultima intervista rilasciata a Bisenziosette nelle scorse settimane aveva espresso soddisfazione per l’ordine del giorno approvato dal consiglio comunale che impegnava la giunta Calamai ad intercedere per l’incremento dei controlli nelle aziende,
«I messaggi di solidarietà non sono mai mancati, da tutta Italia. E stanno continuando ad arrivare ancora oggi, a riprova di come la storia di Luana abbia colpito davvero nel profondo la sensibilità collettiva. E ciò da un lato mi conforta e non mi fa sentire solo: è importante che la giustizia faccia il proprio corso. Lo dobbiamo in primis alla memoria di una giovane donna che amava vivere».
Parla il fidanzato
Alberto Orlandi non ha mai dimenticato la “sua” Luana D’Orazio. Già nell’ultima intervista rilasciata a Bisenziosette nelle scorse settimane aveva espresso soddisfazione per l’ordine del giorno approvato dal consiglio comunale che impegnava la giunta Calamai ad intercedere per l’incremento dei controlli nelle aziende, mostrandosi particolarmente attento alla fase successiva delle indagini: la consegna delle perizia circa la dinamica dell’incidente in cui l’operaia ventiduenne perse la vita lo scorso 3 maggio in fabbrica, ad Oste.
E quel momento è arrivato pochi giorni fa, con il consulente Carlo Gini che ha depositato il documento in procura, a Prato. Stando ai rilievi, la giovane è morta dopo essere stata trascinata nell’orditoio da una staffa, mentre il macchinario al quale era stata assegnata stava viaggiando a velocità massima: la fase “lepre”, la più pericolosa, quella in cui le saracinesche di sicurezza devono essere necessariamente abbassate. Il responso tecnico sembra sciogliere il dubbio più importante, quello sulla fase di lavorazione del macchinario: la ragazza sarebbe stata trascinata nel momento di massima potenza dell’orditoio, non in quella lenta alimentata manualmente.
E ciò potrebbe avere ripercussioni sulla posizione di due dei tre indagati per omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele anti-infortunistiche, ovvero la titolare e il gestore “de facto” (secondo gli inquirenti) della ditta. E il fidanzato di Luana su questo punto non si sbilancia, come la famiglia. Sta cercando di far sì che l’attenzione sulla triste sorte della ragazza non si spenga. Al suo appello si è aggiunta anche qualche voce del jet-set: l’attrice Monica Guerritore ha dedicato proprio a Luana la tappa pistoiese del suo spettacolo, alcune settimane fa. “Mi manca sempre più ogni giorno che passa. Sono già trascorsi tre mesi, ma il dolore non passa e lo ricordo come se fosse accaduto solamente ieri. Pochi giorni fa leggevo che dallo scorso 1 gennaio, circa 600 persone in tutta Italia hanno perso la vita sul posto di lavoro. Luana è stata “solo” la centottantacinquesima e mancano ancora tre mesi alla fine dell’anno. Numeri che parlano da soli e che devono fare riflettere – ha continuato Orlandi – nessuno purtroppo me la riporterà indietro, ne sono pienamente consapevole. Voglio però che il suo sacrificio non sia vano: quel che le è capitato non deve capitare ad altri e deve dare il “la” per arrivare davvero a risolvere il problema delle “morti bianche”. Non si può morire così, nel 2021. E' semplicemente inaccettabile”.
Sui social network, l’hashtag #tusorridisorridisempre lanciato da Orlandi nei giorni immediatamente precedenti a quello che sarebbe stato il ventitreesimo compleanno di Luana continua ad essere ben presente e condiviso ad ogni latitudine. Del resto, la sua dipartita fu un dramma che sconvolse tutto il Paese come testimoniato dalla partecipazione alle esequie tenutesi ad Agliana. E chi non ha avuto la possibilità di prendervi parte fisicamente, lo ha fatto con il pensiero. Tutti accomunati dal dolore e dalla sete di giustizia. Orlandi e gli amici hanno poi ribadito la volontà si continuare ad organizzare iniziative in suo onore, anche in un’ottica di sensibilizzazione su un tema delicato come le morti sul lavoro. Ad Agliana, dove Luana viveva, il prossimo 10 ottobre il Comune ha raccolto l’invito dell’Anmil installerà una panchina volta simbolicamente a commemorare proprio chi ha perso la vita lavorando. E con tutta probabilità la giovane verrà ricordata anche in quell’occasione.
«Vogliamo far sì che continui a vivere. E stiamo valutando le varie ipotesi – il suo pensiero – ci piacerebbe intitolarle una fondazione, ma è presto per dirlo. Presto ci ritroveremo e valuteremo il da farsi». Ci sono poi i risvolti legati alla giustizia da tenere d’occhio. Qualche altro elemento è già emerso: nelle decine di pagine della perizia si ricostruiscono gli elementi che emergono dalla “scatola nera” del mezzo, confrontati con i dati registrati dagli inquirenti nei minuti che hanno seguito il decesso della ragazza e con quelli emersi dall’autopsia. E in base ai riscontri tecnici Luana, che indossava una tuta sportiva, si è sporta o si è avvicinata al subbio (il grande rotolo orizzontale che raccoglie il filo) dell’orditoio da campionatura; la serranda di sicurezza era alzata nonostante il macchinario, così come prodotto dalla fabbrica tedesca che lo realizza, la Karl Mayer, sia dotato di un dispositivo che ne blocca il funzionamento senza le grate di sicurezze. E' così stata agganciata da una staffa laterale, un’asta che gira insieme al subbio, e trascinata. Gli inquirenti stanno a questo punto cercando di capire chi sia stato a manomettere la macchina. E sarà dalla risposta a questa domanda che passeranno gli sviluppi futuri.
«Luana è ormai diventato un simbolo. E sono fiducioso: non so quanto tempo ci vorrà, ma sono sicuro che quanto le è successo non cadrà mai nel dimenticatoio. Personalmente, ho fiducia nella giustizia – ha concluso Orlandi – poco prima che succedesse a lei, a Montale era toccato ad un ragazzo tunisino (il ventiduenne Jaballah Sabri, scomparso in un incidente lavorativo, ndr). Il profitto non potrà e non dovrà mai valere più della vita dei lavoratori. Dovrebbe essere scontato, eppure certe situazioni mostrano il contrario. Serve più responsabilità da parte di chi offre lavoro e più coraggio da parte di chi lavora, nel segnalare eventuali problematiche legate alla sicurezza. Luana non c’è più. Ma la sua fine deve rappresentare uno sprone per incrementare i controlli nelle aziende. Per far sì che nessuno muoia più sul posto di lavoro».