Omicidio Capannori, i punti di domanda dopo la confessione: in passato ci furono screzi
Dopo aver ammesso di aver sparato a Artan Kaja, Marian Tepa non ha più parlato. Restano i gialli di movente e arma del delitto
La confessione di Marian Tepa, 52 anni, ha ribaltato le prime ipotesi del 118 e confermato la direzione in cui stavano volgendo le indagini delle forze dell'ordine. Artan Kaja, per tutti "Tony" (in foto), è stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca. Modalità che ricordano un'esecuzione per il coetaneo dell'assassino che sarebbe stato raggiunto nel piazzale della ditta Smurfit Kappa di Lunata (Capannori) e freddato alle spalle da distanza ravvicinata. Era la sera di martedì 7 gennaio 2025.
L'ipotesi errata...
Eppure, inizialmente, l'omicidio non era nemmeno stato considerato. Catalogato come incidente sul lavoro, le prime ipotesi formulate dal 118 erano state quelle di una caduta accidentale - forse per un malore - in seguito alla quale Kaja si sarebbe procurato la ferita dietro la testa. Ma il tanto sangue attorno al corpo senza vita dell'uomo ha poi spinto gli investigatori a non credere si trattasse semplicemente di una botta sull'asfalto. Esami più approfonditi hanno poi rivelato la presenza di un foro da arma da fuoco.
... e la confessione
E così è stato. Il cerchio si è stretto attorno all'ex autotrasportatore residente a Capannori, come Kaja di origini albanesi. I due erano conoscenti di vecchia data e per i loro lavori - Kaja era mulettista - si sarebbero spesso incrociati nei pressi della ditta dove è avvenuto l'omicidio. Tra di loro in passato vi sarebbero stati alcuni screzi, proprio nello stesso luogo dove la moglie del 52enne ha ritrovato il cadavere del marito, preoccupata dal suo mancato ritorno da lavoro.
Nessuno però avrebbe mai pensato che si potesse arrivare a tanto. Un omicidio probabilmente anche premeditato, con Tepa a raggiungere appositamente Kaja per sparargli e senza alcuna telecamera a riprenderlo. I sensi di colpa hanno preso poi il sopravvento e Tepa ha confessato tutto agli investigatori, costituendosi per quanto commesso.
I punti di domanda
Il 52enne si trova ora nel carcere di San Giorgio a Lucca. Dopo aver confessato l'omicidio, Tepa si è però chiuso su se stesso e non ha fornito nessun particolare aggiuntivo. Sono ancora tante le domande sul giallo di Capannori, a partire dal movente e dall'arma del delitto. Come detto in passato i due avrebbero avuto alcuni litigi ma ciò non sembrerebbe sufficiente a spiegare un simile delitto.
Inoltre a mancare è ancora la pistola con cui Kaja è stato assassinato così come il bossolo del proiettile. Tepa se ne sarebbe disfatto subito dopo, così come con il proprio cellulare. Il lavoro degli inquirenti sta proprio nel cercare di tornare a far parlare il 52enne albanese, a partire dall'udienza di convalida dell'arresto, prevista nella giornata di lunedì 13 gennaio 2025.