La tragica storia di Luana D'Orazio

Morì in una ditta a Montemurlo, il fidanzato: "Nessuno mi riporterà indietro il suo sorriso"

L’Inail ha prospettato la somma di 166mila euro per la morte della giovane operaia.

Morì in una ditta a Montemurlo, il fidanzato: "Nessuno mi riporterà indietro il suo sorriso"
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«Nessun risarcimento mi riporterà il suo sorriso». Alberto Orlandi è lapidario nel commentare la prospettiva dei 166mila euro di risarcimento prospettata da Inail. La vita della fidanzata Luana D’Orazio, scomparsa com’è noto lo scorso 3 maggio a seguito di un incidente nella ditta di Oste nella quale lavorava, non ha e non può avere alcun prezzo. Qualche giorno fa poi la titolare dell’azienda, Luana Coppini, ha sollecitato l’assicurazione per far sì che si sblocchi anche l’altro indennizzo dell’assicurazione, asserendo di voler aiutare la famiglia della defunta e di recarsi spesso sulla tomba della ventiduenne, con la quale sostiene di aver avuto un rapporto cordiale ed amichevole sin dall’inizio. Se Orlandi si è mostrato diplomatico, la madre della giovanissima operaia, Emma Marrazzo, non ha gradito. «Credo che queste parole si commentino da sole. Io so che l’ho sentita dopo la tragedia, chiedendole di rendermi le scarpe di mia figlia rimaste nell’armadietto della ditta – ha dichiarato una settimana fa nel corso della trasmissione di La7 “L’aria che tira” – ricordo bene la mattina del dramma. 

Era il giorno del mio compleanno, stavamo preparando insieme il tiramisù. Che però non stava venendo bene: un segno forse, con il segno di poi. So che Luana entrò alle 9.46 e alle due meno venti e vennero i carabinieri a casa nostra. Non aprii perchè avevo già presagito una brutta notizia e gli agenti me la comunicarono dal cancello. A mio nipote ho dovuto dire la verità, che la mamma è morta. Ha detto “Nonna: bisogna buttare quel macchinario e comprarne uno nuovo”. Ci siamo abbracciati, a lungo. Luana diverrà un simbolo solo quando arriveremo a “morti zero”». Ed è su questo punto che Orlandi ha più volte insistito, anche nelle precedenti interviste rilasciate a Bisenziosette nei mesi scorsi. «Pochi giorni fa è morto un ragazzo di diciott’anni (Lorenzo Parelli, ad Udine, ndr) durante l’alternanza scuola – lavoro. Non ci sono parole, c’è solo rabbia. Perchè “morire di lavoro” è inaccettabile: Luana è stata una delle 1404 persone che nel 2021 sono morte lavorando – ha aggiunto – nessuno ci ridarà indietro Luana ne siamo consapevoli, ma proprio per questo motivo il suo sacrificio non deve essere vano. E’ davvero importante che la giustizia faccia il proprio corso, è tutto ciò che vogliamo la sua storia deve porre un freno alle tante, troppe “morti bianche”. Lo dobbiamo alla sua memoria, in primis». Fra poco più di tre mesi ricorrerà l’anniversario del dramma, oltretutto. «Come mi sono sentito in quel momento? Non hai più un obbiettivo. In dieci secondi ti cambia la vita: prima tutto bello, tutto perfetto.

Poi ti arriva la chiamata, guardi avanti e non vedi più nulla – ha ribadito – mi hanno portato via la cosa più bella che la vita mi avesse regalato. Sul macchinario non mi ha aveva mai detto nulla in particolare, forse per non farmi preoccupare, anche se a volte mi ha parlato di “macchinari mezzi tronchi”. Se avessi saputo non l'avrei lasciata andare, quella mattina. Resterà sempre con me perchè è stata importante, è stata il mio primo vero amore che ho trovato dopo ventisei anni e mi son visto portare via. Futuro? Vedremo giorno per giorno. Una cosa è certa: vogliamo giustizia». Coppini, insieme al marito Daniele Faggi e al tecnico manutentore esterno alla ditta Mario Cusimano, è stata individuata dalla Procura di Prato come responsabile del fattaccio. Il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti e tre con le accuse di omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele antinfortunistiche.

Salvo rinvii, il processo dovrebbe aprirsi il prossimo 7 aprile. L’accusa, in base alla perizia, è che senza la manomissione dei dispositivi di sicurezza la ragazza non sarebbe stata risucchiata e di conseguenza stritolata dall’orditorio. Per una storia che ancora oggi continua periodicamente ad agitare il dibattito nazionale. Ma anche per restare in ambito montemurlese, il sindaco Simone Calamai ha ribadito l’importanza di un implemento dei controlli all’interno delle aziende, auspicando sotto questo aspetto un’azione più incisiva da parte dello Stato. Intanto, le manifestazioni di solidarietà verso la famiglia di Luana continuano ancora oggi da tutta Italia, e non solo. Solo pochi giorni fa, ad esempio, la poetessa Susi Ciolella Galante ha dedicato una poesia alla vicenda della giovane. “Sono morta così/Mentre si spendono fiumi di parole/ che scivolano via come i sogni che non saranno mai./Sono morta così/ mentre nelle fabbriche ancora si muore stritolati – recita – sono morta così, mentre voi discutete su salari da fame/ e i lavoratori vivono come invisibili, senza un domani./ Sono morta così, da operaia, con i miei 22 anni/ e la vita che vola via tra le mani”. Luana è da tempo già diventata un simbolo, suo malgrado. E il grido unanime si è sollevato sin da subito: “giustizia”.

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