LA LETTERA

La terapia intensiva del Santo Stefano a quota zero. Dimessa l’ultima paziente

Un infermiere nell'ultimo giorno ha scritto direttamente al "Signor Coronavirus".

La terapia intensiva del Santo Stefano a quota zero. Dimessa l’ultima paziente
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L’ultima paziente affetta da Covid-19 ha lasciato la terapia intensiva del Santo Stefano, diretta dal dottor Guglielmo Consales. Con la sua dimissione si è raggiunta la quota zero, dopo i mesi di marzo ed aprile che hanno registrato il numero maggiore di ricoveri.

Terapia intensiva del Santo Stefano a quota zero

Durante i mesi più difficili dell’epidemia sono stati seguiti complessivamente 45 pazienti, raggiungendo un picco massimo di 26, tutti con una evoluzione grave della malattia che hanno avuto necessità di intubazione, ventilazione polmonare ed assistenza intensiva.

“Sono stati due mesi molto impegnativi – ha commentato Consales - non solo per il numero dei pazienti assistiti ma per gli aspetti psicologici e comportamentali che abbiamo dovuto sostenere. Ci siamo trovati purtroppo ad affrontare momenti drammatici, le famiglie si sono dovute dire addio con il pensiero. Ogni miglioramento ed ogni dimissione è stato, come lo è oggi, un momento di felicità che abbiamo condiviso. Voglio ringraziare tutto lo staff della rianimazione che ha saputo sopportare un enorme lavoro anche a livello emozionale senza mai abbandonare lo spirito di squadra”.

La Terapia intensiva del Santo Stefano ha lavorato in rete con gli altri presidi ospedalieri dell’Azienda Sanitaria mettendo a disposizione 46 posti letto suddivisi in due settori Covid (40 pl) ed un settore No Covid (6 pl)con percorsi dedicati e separati che possono essere riorganizzati e riconvertiti immediatamente qualora se ne presenti la necessità.

Sempre all'erta

Attualmente all’ospedale pratese è sempre operativo un settore Covid all’interno dell’area medica nel quale sono ancora ricoverati tre pazienti. Il settore è gestito dal personale della struttura di malattie infettive diretta dalla dottoressa Donatella Aquilini. “La struttura -spiega Daniela Matarrese- direttore sanitario dell’ospedale, ha avuto un ruolo fondamentale per il supporto a tutti i reparti Covid soprattutto nelle decisioni terapeutiche personalizzate per ogni paziente”.

La lettera dell'infermiere

Ed oggi, in occasione del saluto all’ultima paziente, un infermiere della terapia intensiva scrive una lettera al Signor Coronavirus. Il suo arrivo era stato annunciato dal primario del reparto e dalla coordinatrice infermieristica. “Sta arrivando il Signore dall’oriente, racconta l’ infermiere, dobbiamo essere pronti ad accoglierlo con tutto il riguardo che merita”.

Il testo della lettera:

“Carissimo Signor Coronavirus, ricorderò sempre il primo giorno che sono entrato a farLe visita. Avevo paura perché già si parlava dei Suoi modi bruschi di incontrare le persone, di incutere in loro un certo timore. Ma mi sono fatto coraggio, ho indossato la più bella delle divise, a volte bianca, a volte gialla, un cappello degno di una Regina e delle scarpe all’ultima moda. Si, anche gli occhiali mi sono preoccupato di indossare, per essere sicuro di poterLa osservare da vicino. E quando l’ho vista, ricordo solo il silenzio e una surreale sensazione di vuoto. Non ci ha dato il tempo di conoscerLa che già si era preso molte persone, perché alla fine è questo che è venuto a fare. Avevo paura che potesse prendermi con Lei e insieme a me i miei cari che mi aspettavano a casa e che già si sentivano trascurati a causa Sua.

Carissimo Signor Coronavirus, adesso che è passato un po’ di tempo, ho imparato a conoscerLa meglio. So quanto sia attaccato al Suo operato, quanto sia difficile farLa desistere e quanto sia importante per Lei prendere le persone con cui entra in contatto, lasciarle sole perché non vuole assolutamente che nessuno intralci il Suo progetto. Ci ha separati da tutto e da tutti!

Ma sa che cosa Le dico carissimo Signor Coronavirus? Io ho fatto di tutto per farLe cambiare idea, per fare in modo che come è arrivato se ne andasse via. Ho fatto tutto il possibile per non permetterLe di lasciare solo il vuoto dietro a sé. E sa anche che cosa le dico? Che a differenza Sua non ho cercato la solitudine, ma ho fatto dei miei colleghi i miei migliori amici che mi hanno dato una forza unica e meravigliosa, senza la quale non sarei stato capace di affrontarLa. Ho avuto con me la mia famiglia, i miei cari, quelli che Lei non sa cosa sono e che cerca di portare via a noi che ce li siamo conquistati con tanto impegno.

Carissimo Signor Coronavirus, dietro a sé ha lasciato molta tristezza, è il conto che abbiamo pagato per aveLa conosciuta. Ma sono certo che piano piano se ne andrà via perché non è capace di sopportare ciò che di bello Le abbiamo mostrato. Il nostro coraggio, la nostra voglia di combattere uniti, la nostra capacità di affrontare a testa bassa ciò che ci spaventa.

Carissimo Signor Coranavirus, certo di averLe fatto capire quanto di più bello possa offrire la vita, spero vivamente che la prossima volta Ci pensi due volte prima di farsi un viaggio così lungo. Anche perché la prossima volta il comitato di benvenuto saprà come accoglierLa senza darLe tutta l’importanza che pensa di avere!”.

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