Continua l’emergenza sbarchi

La Life Support a Marina di Carrara, accolti i 55 migranti salvati al largo della Libia

Rimarranno al momento in Toscana. Tra loro tre adolescenti e tre bambini piccoli con le mamme

La Life Support a Marina di Carrara, accolti i 55 migranti salvati al largo della Libia
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Sul fianco della nave, rosso su bianco, che di prima mattina alle otto, puntuale, attraversa il canale del porto, mentre il sole disegna la sagoma delle Apuane, scorre una scritta: "i diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti: altrimenti chiamateli privilegio”.

Le parole sono di Gino Strada, il medico e fondatore della onlus Emergency.

E proprio di Emergency è la “Support life”, la nave lunga cinquantacinque metri e larga dodici, che stamani ha attraccato al porto di Marina di Carrara con 55 migranti a bordo soccorsi sabato 15 aprile in acque internazionali di fronte alla Libia: tra loro tre bambini di due e sei-sette anni, tre adolescenti di quindici-sedici e una mezza dozzina di donne. Tre giorni di navigazione sono serviti alla nave per arrivare in Toscana: ma era questo il porto assegnato dalle autorità italiane per attraccare.

La Life Support a Marina di Carrara, accolti i 55 migranti salvati al largo della Libia

E la Toscana, come a fine gennaio sempre a Marina di Carrara con la Ocean Viking e prima a dicembre a Livorno per due volte (una di nuovo con l’arrivo della Life Support), allarga le braccia per accogliere chi scappa dal proprio Paese per la sopravvivenza o una vita migliore. Contro chi soffia sul fuoco della paura o da credito ai complottisti della sostituzione etnica o della difesa di una purezza italica che non si capisce neppure bene cosa sia, in una nazione dove nei secoli si sono mischiati normanni ed arabi.

“Tutti i cinquantacinque migranti rimarranno nei centri di accoglienza toscana” annuncia l’assessore regionale alla protezione civile, Monia Monni. “I tre minori non accompagnati saranno in particolare accolti in una struttura adeguata alla loro età” precisa la collega al sociale Serena Spinelli, anche lei stamani a Marina di Carrara ad accogliere nave e migranti.

Il video


Il racconto della mattina è un deja vu.

Due ore dopo l’arrivo della nave, dopo i primi controlli effettuati da un infermiere del 118 e dal personale sanitrio della Sanità marittima (Usmaf-Sasn) attorno alle dieci scendono i primi migranti che a bordo di un pulmino vengono portati, come due mesi e mezzo fa, nel vicino Carrarafiere, una manciata di chilometri ed otto minuti di strada, per ulteriori controlli medici e sanitari, l’identificazione e il necessario supporto, anche psicologico.

Mentre scendono dalla passerella, un bambino che non dimostra più di due anni, in braccia alla mamma, stringe un pupazzetto che qualcuno gli ha regalato.

Salutano. Sorridono. Gioca. E dietro al vetro del pulmino si allunga per cercare un contatto con la mano di uno dei soccorritori.

“Tutta la prima accoglienza - precisa l’assessore Monni – è stata offerta con il supporto volontario della Protezione civile, a spesa della Regione”. “Abbiamo rimesso in campo, sotto la guida della Prefettura come prevede la normativa, tutte le competenze che sono necessarie durante uno sbarco – prosegue l’assesspra Spinelli - : protezione civile da una parte e servizio socio-sanitario dall’altro, in modo da dare sia una immediata accoglienza sia la successiva ospitalità”.

Fuori dal porto anche un gruppo di citttadini con l bandiere arcobaleno dà il benvenuto ai migranti.

Intanto Carlo Maisano, responsabile per Emergency del soccorso in mare, racconta ai giornalisti il salvataggio.

“Fortunatamente è andato tutto bene – dice -. Siamo stati intimidati dai libici ad allontanarci, ma tutti i migranti erano già saliti a bordo”.

Le persone soccorse provengono da Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Nigeria, Palestina, Sudan e Somalia.

La nave alla deriva, con il motore in panne, era stata segnalata da Alarm Phone, il telegono per soccorrere i migranti creato nel 2014 da un gruppo di Ong

“Erano tutti stipate su un gommone di otto o nove metri – spiega ancora Maisano –, alcuni a cavalcioni sui tubolari che già si stavano sgonfiando ed altri rannicchiati: costretti tutti a stare per ore e giorni nella stessa posizione, senza neppure spostarsi per i propri bisogni.

Ora stanno bene: c’è chi è reduce di mesi od anni passati nei lager libici dove hanno subito torture. Gli abbiamo dato un posto letto, da mangiare e gli abbiamo spiegato dove stanno andando e cosa li aspetterà”.

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