COLPO DI SCENA

Il dna del mostro di Firenze rimasto su alcuni proiettili: chiesta la riesumazione di una delle vittime

Sarà la scienza a risolvere uno dei più grandi misteri italiani del Novecento?

Il dna del mostro di Firenze rimasto su alcuni proiettili: chiesta la riesumazione di una delle vittime
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Sarà l’evoluzione delle tecnologie genetiche e forensi a risolvere il padre di tutti i cold case nostrani, quello del Mostro di Firenze? Azzardato sbilanciarsi, certo è che siamo di fronte ad una possibile svolta.

Secondo quanto reso noto dall'avvocato Vieri Adriani, che assiste i familiari di alcune vittime del serial killer che terrorizzò le campagne fiorentine dal 1968 al 1985 "un Dna sconosciuto è stato isolato su uno dei proiettili usati nell'omicidio di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, le ultime vittime del Mostro di Firenze".

Denominato V3, il proiettile è stato esaminato nel 2018 da un team di esperti guidato dal genetista Ugo Ricci. Il gruppo ha identificato un profilo di DNA ricorrente, mescolato a un secondo profilo sconosciuto.

Ma andiamo per ordine.

Il Mostro di Firenze: il proiettile e la pistola

Iniziamo dall'arma. Il 21 agosto 1968, Antonino Lo Bianco e Barbara Locci vennero assassinati mentre erano appartati nelle campagne vicine al cimitero di Signa. Il figlio di Barbara, Natalino, si trovava sul sedile posteriore dell'auto e fu risparmiato. Questo delitto segnò la prima apparizione della pistola Beretta calibro 22, arma con la quale il Mostro di Firenze avrebbe poi compiuto sette duplici omicidi tra il 1974 e il 1985.

Si tratta del primo duplice omicidio attribuito al serial killer.

L’arma non è mai stata ritrovata, ma un proiettile rinvenuto nel giardino di Pietro Pacciani fu utilizzato come prova contro di lui. Pacciani morì in attesa del processo d’appello, dopo che la Cassazione aveva annullato la sua assoluzione. Mario Vanni e Giancarlo Lotti furono invece condannati all’ergastolo e a 26 anni di reclusione rispettivamente.

Pietro Pacciani

Dna sconosciuto

Passiamo all'ultimo omicidio attribuito al Mostro di Firenze, consumatosi nel 1985, sulla piazzola di Scopeti a San Casciano in val di Pesa, dove furono uccisi Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili. I due giovani francesi sono stati l’unica coppia aggredita in una tenda, a differenza di tutte le altre, prese di mira mentre erano appartate in macchina.

Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili

Il 30 giugno 2015, sul luogo dell'omicidio, è stato rinvenuto un proiettile conficcato nel cuscino della tenda dei due ragazzi. Denominato V3, il proiettile è stato esaminato nel 2018 da un team di esperti guidato dal genetista Ugo Ricci. Il gruppo ha identificato un profilo di DNA ricorrente, mescolato a un secondo profilo sconosciuto.

L’ematologo italiano Lorenzo Iovino ha analizzato le sequenze del DNA, dichiarando che il secondo DNA trovato sul reperto V3 non è compatibile né con quello delle vittime, né con quello del perito balistico che aveva maneggiato il reperto, né con quello di alcuni sospettati, o con altre tracce di DNA sconosciuto isolate da Ricci sui pantaloni di Jean Michel e sulla tenda.

laboratorio analisi mediche
Analisi genetiche

La sequenza di DNA identificata sul proiettile V3 è presente, in modo parziale, anche su proiettili rinvenuti in altri due duplici omicidi: quello di Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch (9 settembre 1983) e di Pia Rontini e Claudio Stefanacci (29 luglio 1984).

"Il DNA dell'assassino potrebbe essere rimasto impresso mentre incamerava i proiettili", ha spiegato Iovino, che ha costantemente aggiornato delle sue scoperte l’avvocato Vieri Adriani. "Alcuni delitti, come il primo del 1968, non sono stati coperti da giudicato, e le sentenze stesse hanno ipotizzato una pluralità di attori. Per questo sarebbe fondamentale sfruttare al massimo i risultati delle consulenze genetiche già effettuate".

Verso la riesumazione delle vittime?

Il profilo di DNA sconosciuto è emerso per sottrazione. Secondo Iovino, sarebbe cruciale confrontarlo con quello di Stefania Pettini, assassinata a Vicchio il 14 settembre 1974 insieme a Pasquale Gentilcore.

Stefania Pettini

"Sappiamo dalla consulenza medico-legale che potrebbe aver lottato con l’assassino. Non è impossibile che vi siano campioni biologici sotto le sue unghie", ha detto Iovino. Per questo motivo, Adriani si prepara a chiedere ai familiari della ragazza la riesumazione del corpo. "Certo, è possibile che non si trovi nulla, per il tempo trascorso o per lo stato di conservazione del cadavere troppo deteriorato. O che, anche in caso di esito positivo, il DNA possa essere incompleto o non comparabile. Tuttavia, nei casi non risolti bisogna tentare tutto il possibile. Confrontandomi con esperti del settore medico-legale, confermo che la ripetizione dell’autopsia è altamente auspicabile", ha concluso.

Le vittime

Che sia la volta buona per risolvere uno dei grandi misteri che ancora non hanno trovato risposta? I delitti attribuiti al Mostro di Firenze iniziano nel 1968 e finiscono nel 1985. A morire sono stati 16 giovani, cioè 8 coppie. Molti familiari, ancora in vita, aspettano ancora giustizia.

Il principale sospettato fu Pietro Pacciani, fu la Cassazione ad annullare l’assoluzione del secondo grado, ordinando un nuovo processo d’appello perché il giudizio era stato viziato da un errore tecnico per cui non fu possibile verbalizzare la testimonianza di Giancarlo Lotti, che dichiarò di essere coinvolto nella serie di delitti, insieme a Pacciani e a Mario Vanni.

Alla vigilia del processo-bis, il 22 febbraio 1998 Pacciani viene trovato morto nel suo casolare di campagna, con i pantaloni abbassati e il maglione tirato su fino al collo. L’autopsia stabilirà che un farmaco altamente pericoloso per una persona anziana e con gravi problemi cardiaci come lui si era rivelato letale.

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