Nuova vita per Gianna e Francesco

Gianna e Francesco: dalla detenzione a una nuova opportunità al Centro Madre Fernanda

Due individui con disabilità quasi totale trovano accoglienza in una struttura psichiatrica dopo l'esperienza in carcere.

Gianna e Francesco: dalla detenzione a una nuova opportunità al Centro Madre Fernanda

“Il carcere di Sollicciano è stato un incubo”. Questo è il racconto di Gianna e Francesco (nomi di fantasia), entrambi con una disabilità vicina al 100%, che hanno recentemente lasciato Sollicciano per trovare rifugio al Centro Madre Fernanda, una struttura residenziale psichiatrica gestita dal Consorzio Zenit, specializzata in percorsi curativi e riabilitativi per persone con disagio psichico.

Gianna e Francesco hanno entrambi disturbi che hanno influito sui reati commessi: Gianna è stata arrestata per una serie di furti nei supermercati, mentre Francesco ha accumulato pene per minacce e lesioni. Entrambi descrivono condizioni di detenzione a Sollicciano che non si conciliano affatto con il loro disagio psichico.

“Ho vissuto momenti di sconforto in quella situazione – racconta Gianna, 56 anni – Ho patito freddo in inverno e caldo in estate. A volte il riscaldamento non funzionava e dovevo usare più coperte. Condividevamo la cella in tre e vicino al mio letto c’era un muro verde per l’umidità. Nella sala infermeria ci pioveva dentro e ho visto topi scorrazzare. Quando sono uscita, è stato il giorno più bello della mia vita”.

Francesco, 57 anni, condivide esperienze simili: “Sollicciano non era un posto adatto a me. Stavo in una cella piccola, in quattro e non era facile condividere gli spazi. Spesso nella mia cella non c’era luce. Amo leggere, ma non riuscivo a farlo di sera senza una piccola torcia, il che era complicato e creava disagio. Una volta siamo rimasti senza termosifone e dovevo dormire vestito con le coperte.”

Grazie alla collaborazione tra i centri di salute mentale dell’Azienda Sanitaria e il Consorzio Zenit, Gianna e Francesco hanno ottenuto una seconda possibilità al Centro Madre Fernanda.

“Queste storie parlano di profonda solitudine. È difficile delineare il confine tra malattia psichica e disagio sociale. Spesso queste persone, purtroppo, sbagliano e chiedono di essere riconosciute – ha commentato Maria Sole Martini, psicoterapeuta della struttura Madre Fernanda – Non contestiamo i reati o le pene, ma la patologia di Gianna e Francesco è evidente e Sollicciano non può svolgere per loro una funzione rieducativa.”

“La collaborazione tra istituzioni pubbliche e enti del Terzo settore è fondamentale per supportare individui così fragili e soli, per garantire loro cura, dignità e trattamenti adeguati – ha aggiunto Valentina Blandi, direttrice del Consorzio Zenit – Non facciamo nulla di speciale, ma con sostegno e amore, tutti possono ricominciare. Qui, queste persone hanno ripreso a vivere, a comunicare e a relazionarsi in modo costruttivo. Sebbene ci siano delle difficoltà, unendo le forze tra istituzioni, possiamo creare alternative al carcere e aiutare queste persone a ritrovare un ruolo positivo nella società. Ogni individuo merita l’attenzione necessaria per costruire una nuova opportunità.”