Emergenza coronavirus

Elena, la montemurlese guarita dal covid-19, racconta cosa ha vissuto

"E’ un virus che non conosciamo e questo incute ancora più terrore".

Elena, la montemurlese guarita dal covid-19, racconta cosa ha vissuto
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Elena, la montemurlese guarita dal covid-19, racconta cosa ha vissuto

 

«La cosa peggiore di questa situazione è stata la paura, più che il dolore. La paura per sé e per i propri familiari. E’ un virus che non conosciamo e questo incute ancora più terrore. Ogni dolore che sentivo lo riconducevo quasi automaticamente al Covid-19. Questo almeno fino a quando non ho scoperto di essere guarita: è stata una vera e propria liberazione». Elena Lorito, 52enne di Montemurlo, ce l’ha fatta: ha sconfitto il Coronavirus, come decretato dal secondo tampone negativo. Il risultato le è arrivato il 23 aprile, a quasi 50 giorni di distanza dall’inizio dell’incubo. «Tutto è cominciato il 6 marzo, quando mi è venuta la febbre a 38 e mezzo e ho accusato dei dolori ovunque - la testimonianza di Elena - Avendo già avuto la classica influenza stagionale e sentendo quelle che erano le ultime notizie legate al virus, ho deciso di consultarmi con il mio medico curante, che mi ha consigliato di provare a chiamare il 118 e di chiedere di essere sottoposta al tampone». Invano, perché la prassi prevede questa possibilità solo nel caso di un contatto certo con persone positive al virus oppure in presenza di gravi problemi respiratori. «Ovviamente non potevo affermare con sicurezza la prima condizione. Mentre, per quanto riguarda la seconda, ai tempi ancora non avevo grosse difficoltà. Senza tampone, il medico mi ha prescritto una cura antibiotica, che ha fatto effetto». Ma, dopo pochi giorni, ecco che sono spuntati fuori nuovi e più preoccupanti sintomi. «Soprattutto un gran bruciore ai polmoni, ma pure al naso e ai bronchi. Ho perso quasi completamente gusto e olfatto. Ma erano dolori comunque non sufficienti per il tampone. Nel frattempo stavo sempre peggio, tanto che ho iniziato ad avvertire anche un gran peso sul petto: salire le scale era diventato più faticoso che scalare il San Baronto in bici». Il paragone non è assolutamente casuale, dato che Elena è grande appassionata di ciclismo e fa parte del Dynamo Cycling Team Montemurlo. «Oltre a pedalare, mi piace tenermi in forma anche in palestra. Di solito sono piena di energie, ma in quei giorni tremendi proprio non ne avevo alcuna. Inoltre, stavo sentendo sempre più problemi nel respirare. Così sono andata a farmi una lastra ed è emersa una polmonite: da allora ho preso l’abitudine a controllare continuamente la saturazione. Il 23 marzo mi è scesa fino a 91/92 (una misurazione fisiologica si attesta tra il 95 e il 100%. Valori compresi tra il 90 e il 95% indicano invece una parziale assenza di ossigeno, ndr) e così mi sono recata, sotto consiglio di alcuni amici medici, presso l’accesso dell’Ospedale Santo Stefano riservato ai sospetti contagiati da Coronavirus. Finalmente mi hanno fatto i vari accertamenti del caso, compreso il tampone. Benché ci fosse una polmonite in corso, i parametri non andavano male e, visto il momento concitato, mi hanno detto di tornare a casa e di aspettare l’esito del test». La mattina successiva, la notizia che ha sconvolto Elena: quella della positività al Covid-19. «Si è trattata della conferma ai miei sospetti. Ammetto che, oltre alla paura, mi è salita una rabbia non indifferente, per il fatto di non essermi potuta sottoporre prima al tampone. Mantenere la calma era diventato quasi impossibile, anche perché vivo con mio marito, Gianluca, e una delle mie due figlie, Lisa. Quando ho saputo di avere il virus, ho cominciato ad adottare una serie di misure per tutelare la loro salute. Per fortuna, entrambi sono sempre stati bene e i tamponi hanno dato costantemente un risultato negativo. Mi sembra strano comunque che non abbia attaccato loro il virus. Del resto, casa nostra non è enorme e comunque è passato diverso tempo dal giorno in cui ho avuto i primi dolori a quello in cui ho scoperto di essere positiva. Può darsi che siano stati asintomatici». La storia comunque va avanti: una volta arrivata la doccia gelata del tampone positivo, Elena ha cominciato una cura a base di antibiotici e soprattutto antivirali. «Questi mi hanno aiutato veramente tanto. Piano piano sono stata meglio: l’ultimo dolore ad andarsene è stato quello ai polmoni. A circa 40 giorni dall’inizio dell’incubo, ho effettuato nuovi test, prima in casa e poi al pronto soccorso. Mi hanno sottoposto al tampone, che è risultato negativo. Trascorsa una settimana, anche il secondo tampone ha confermato l’esito di quello precedente. Ho provato un senso di liberazione indescrivibile a parole: questo virus non ti dà tregua né dal punto di vista fisico, né da quello psicologico». Il peggio insomma è alle spalle, ma la paura non è scomparsa del tutto. «Certo, anche perché c’è il rischio di riprenderlo, quindi uscendo adotterò tutte le precauzioni del caso. Non vedo comunque l’ora di tornare in bici e di riprendere la mia attività di volontaria per la Misericordia, non appena me la sentirò».

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