Festa della liberazione

25 aprile, videomessaggio del presidente Rossi

“Quella di oggi, 25 aprile, è una grande festa, perché è l'inizio di una fase nuova per il nostro Paese.

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25 aprile, videomessaggio del presidente Rossi

“Quella di oggi, 25 aprile, è una grande festa, perché è l'inizio di una fase nuova per il nostro Paese. E' la fase delle libertà, delle conquiste sociali, di avanzamento e allargamento della democrazia, quella che ci ha portati fino ad oggi”.

E' il passo iniziale del messaggio video che il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha postato in occasione della Festa della Liberazione sulla sua pagina Facebook.

“Quello che celebriamo oggi – prosegue Rossi - è ancora una volta un 25 aprile contestato da alcune forze. C'è chi vorrebbe proporre un generico ricordo di tutti i morti. Ci sono altre date per ricordarli. Noi abbiamo rispetto per i caduti dell'una e dell'altra parte e non ci nascondiamo che furono commessi errori, ma non si può disconoscere un punto fondamentale: da un lato c'erano quelli che combattevano dalla parte sbagliata, quella della dittatura e del terrore e dall'altra c'era chi combatteva, come i partigiani, per la liberazione del Paese insieme all'esercito di liberazione anglo americano. Era uno spartiacque fondamentale con i repubblichini e fascisti con i nazisti di Hitler a compiere anche in Toscana le stragi che provocarono più di 4.000 morti tra i civili innocenti. La distinzione è netta: da una parte i torti, dall'altra le ragioni”.

Per Enrico Rossi se i nazifascisti avessero vinto, l'Europa si sarebbe trasformata in un immenso campo di concentramento e la libertà non ci sarebbe stata per nessuno. Gli italiani avevano già provato la distruzione delle leghe, degli oratori, delle case del popolo, dei sindacati, delle libertà politiche, con la carcerazione di tutti gli oppositori.

“Questo è stato il fascismo – aggiunge il presidente - oltre all'avventura distruttiva della guerra, alla violenza, al rifiuto del diverso, alla sottomissione delle donne e di tutti coloro che avevano idee diverse da quelle dell'ideologia del regime. E questo non deve essere dimenticato, perchè occorre ricordare bene, in modo giusto, nel rispetto di tutti i morti, ma anche della verità. E' questa la condizione per costruirci un futuro migliore anche nei tempi che stiamo attraversando”.

Rossi non è d’accordo con chi dice che oggi fronteggiare il coronavirus è come essere in guerra. Ritiene invece che non sia la stessa cosa. E che la guerra sia stato un fatto enormemente più spaventoso e distruttivo, gli uni contro gli altri armati, mentre adesso abbiamo un solo nemico: il virus. Per il presidente è vero però che dentro questa tragedia si riproducono tante diseguaglianze. Il virus in particolare colpisce la parte più debole della popolazione. E può preparare un futuro di ulteriori disuguaglianze nel nostro Paese.

“Allora – questa la sua conclusione - occorre rifarsi al 25 e poi alla Costituzione che è nata dalla lotta e dalla Resistenza, attraverso l'intesa tra tanti orientamenti politici ed ideali diversi, per ritrovare la strada giusta per affrontare le sfide che abbiamo di fronte”.

Rossi passa poi a parlare di Pegaso, il cavallo alato raffigurato nel gonfalone toscano, affermando che è un simbolo di forza e di energia che si libra e sale in alto, sgravandosi dalla pesantezza degli egoismi e che ha una capacità di visione larga.

“E' questa energia – ecco il suo appello finale - che noi dobbiamo essere capaci di mettere in campo e di trovare la forza che ebbero i nostri genitori di guardare al futuro e di sacrificarsi, per costruire per noi un domani migliore. Oggi può essere fatto un discorso analogo. Dalla Festa della Liberazione possiamo trarre lo stimolo, le idee e i valori per guardare al futuro, sicuri che ce la faremo”.

Il video si chiude poi con la viva voce del futuro presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che fa appello ai cittadini e ai lavoratori, invitando allo “sciopero generale contro l'occupazione tedesca contro la guerra fascista per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case e delle nostre officine. Come a Genova e a Torino ponete i tedeschi di fronte al dilemma, arrendersi o perire”.

 

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