IL PERSONAGGIO

Vaiano, la storia dell'ingegnera che da dieci anni fa la badante in Italia

La storia di Leila Bukhrashvili, 58 anni, e delle tante donne dalle anime spezzate da scelte difficili

Vaiano, la storia dell'ingegnera che da dieci anni fa la badante in Italia
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E’ nata in Georgia 58 anni fa, in un paese in cui, a quei tempi venivi pagato per studiare. Così Leila Bukhrashvili si è laureata in Ingegneria e poco dopo ha trovato lavoro nella più grande azienda che realizzava la linea ferroviaria che collegava anche l’Armenia e l’Azerbaigian. Adesso però fa la badante in Italia, dopo aver lasciato in Georgia tutta la sua famiglia.

L'intervista su Bisenziosette

«Per i miei nipoti io sono “la nonna del computer” - ha raccontato lei con la tristezza che le vela gli occhi - Quando vivevo là e sentivo di tutte queste donne che partivano, andavano in Turchia o Grecia, io mi ripetevo sempre “meglio avere poco ma dormire nel proprio letto”».

Poi però le cose sono cambiate e oggi Leila confessa che non è facile per lei tornare in Georgia, in un posto che non riesce più a vedere come casa sua.

«Io vengo dalla capitale della Georgia - si è raccontata Leila - Negli anni in cui sono cresciuta io nel mio paese si stava bene. Qui veniva raccontato che era una dittatura, ma per noi che la vivevamo e che abbiamo vissuto quello che è venuto dopo e che è ora, possiamo dire che si stava veramente bene. Sono andata all’Università, che a quei tempi non solo non dovevi pagare ma venivi pagato te per farla. Erano 40 rubli al mese per tutti coloro che frequentavano l’università, poi ogni sei mesi c’erano gli esami, e se eri bravo arrivavi a prendere anche 56 rubli. Io ho sempre preso 56 rubli. A quei tempi quei soldi potevano anche bastare agli studenti per pagarsi un affitto e vivere mentre studiavano. Senza contare che rispetto a ora anche il costo della vita era meno caro, basti pensare alle bollette. Ricordo che mio padre prendeva tipo 400 rubli al mese e di bollette pagavano massimo quattro rubli. Ora con lo stesso stipendio devono pagarne almeno 250/280 al mese per le bollette. Quando ho terminato l’università sono stata fortunata perché nella prima azienda dove sono andata per chiedere un lavoro ho trovato il mio professore dell’università che ha spiegato loro quanto fossi brava e mi hanno presa subito.

Lavoravo per la più grande azienda che costruiva linee ferroviarie non solo per la Georgia ma anche per i paesi vicini. Io mi occupavo di mettere le linee di elettrificazione e comunicazione. Poi sono andata in maternità. All’epoca funzionava così: due anni di maternità completamente retribuiti, poi se si voleva si poteva stare a casa anche il terzo anno, senza stipendio, ma con il posto assicurato per il rientro. Verso la fine degli anni ottanta sono iniziati i primi problemi. E’ arrivata questa “ventata” di indipendenza, ma io ancora oggi mi chiedo di cosa: avevamo tutto gratuito, sanità, istruzione, basso costo della vita. Poi la caduta sovietica e la tragedia. Da lì è cambiato tutto. Io all’epoca ero in maternità quando la mia azienda chiuse, anche perché non c’erano più treni e linee ferroviarie da costruire e mantenere. Che io sappia oggi esiste un solo collegamento in tutta la Georgia, figuriamoci fuori. Fortunatamente in quegli anni io mi trovavo ancora in maternità e lo Stato mi ha assicurato lo stipendio fino alla fine del periodo di maternità. Poi però non avevo più niente. Stando a casa mi sono data a una mia grande passione che è la cucina e la pasticceria. Da noi per Pasqua facciamo i panettoni che qui si fanno per Natale. Ho iniziato per scherzo, prima con alcuni fatti per casa mia, poi me li hanno chiesti i vicini. Così ho provato anche a mettere una pasticceria.

A quei tempi le donne hanno iniziato ad andare via, andavo in Turchi a e in Grecia alla ricerca di un lavoro. Io dicevo che era meglio avere meno ma stare a casa. I soldi della pasticceria bastavano solo per coprire le spese. Così quando le mie figlie sono diventate abbastanza grandi mi sono decisa e sono venuta via. Sono venuta in Italia, era l’unico paese in cui riuscivo anche solo a pensare di trasferirmi. Solo il visto mi è costato tremila cinquecento euro. Era il 2009. Dicevo che sarei rimasta per un anno o due, il tempo di raccogliere un po’ di soldi per pagarmi i debiti della pasticceria e poi tornare a casa. All’inizio non è stato facile, ma le famiglie italiane sono sempre state meravigliose con me, Ho ancora ottimi rapporti con le prime dove sono stata».

Quei due anni si sono trasformati in più di dieci però.
«Sono tornata in Georgia dopo quattro anni e mezzo che ero qua. Ho rivisto mia mamma, le mie due figlie e i miei nipotini. Però la Georgia non è più il mio posto, quando ci torno non riesco a credere che sia lo stesso paese dove sono nata e dove si stava tanto bene. Per le persone come me, quando poi tornano, spesso non trovano più “il loro posto”».

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