Anniversario

Strage di via dei Georgofili, il ricordo del presidente Giani

“Parcheggiavo spesso anche io lì”

Strage di via dei Georgofili, il ricordo del presidente Giani
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A trent’anni dalla strage di via dei Georgofili il presidente della regione Eugenio Giani ha ricordato quel giorno come lo ha vissuto lui.

Georgofili: il ricordo di Giani

Riportiamo qui il ricordo del presidente della regione:

A distanza di trent’anni ricordo ancora quella notte come fosse ieri.

 

Da pochi mesi ero diventato assessore alla mobilità e ai lavori pubblici del Comune di Firenze, stavo svolgendo una funzione importante nel rapporto tra  la giunta e la città.

 

Fino a quel momento la mafia poteva essere considerata come un fenomeno localizzabile altrove, anche se certo c’erano state importanti inchieste giudiziarie, che avevano portato alla luce significative infiltrazioni della criminalità organizzata.

 

Ma tutto sarebbe cambiato quella notte, appunto: la notte della strage di via dei Georgofili.

 

La sera, ricordo, avevo l’abitudine di comprare l’edizione della notte della Nazione all’edicola di Santa Maria Novella, per leggerla a casa.

 

Avevo cominciato le lettura verso mezzanotte e mezzo. Poco più tardi avvertii un grande botto, come se fosse successo qualcosa nei dintorni di casa.

 

A quei tempi abitavo ancora a Legnaia, il quartiere della mia infanzia e della mia adolescenza. Uscii subito sul terrazzo e da lì scorsi una colonna di fumo.

 

Al momento pensai a qualcosa che aveva coinvolto una fabbrica o un magazzino, magari a una fuga di gas. Pochi istanti più tardi mi arrivò la telefonata dell’operatore della polizia municipale, per cui rappresentavo l’assessore di riferimento.

 

Con voce grave mi segnalò che era esplosa una casa torre nel centro di Firenze, nei dintorni degli Uffizi.  Dissi che mi sarei subito precipitato sul posto.

 

Ricordo bene anche le scene successive, in macchina sui lungarni.  In piazza Santa Trinita incrociai una persona col volto insanguinato. È stato un disastro, mi urlò chi la stava accompagnando all’ospedale.

 

Arrivai in via dei Georgofili, dove spesso parcheggiavo anche io. Mi venne subito in mente cosa sarebbe potuto succedere se l’esplosione fosse avvenuta di giorno.

I vigili urbani e i vigili del fuoco mi vennero incontro, mi domandarono come ritenevo di dover procedere.

 

Altre scene di quella notte come un incubo: i corpi della famiglia Nencioni estratte dalle macerie, in particolare le due bambine, figlie di un vigile che conoscevo e che ricordo sempre sorridente, sempre positivo; il primo sopralluogo agli Uffizi per valutare i danni inferti alle opere; il momento in cui i vigili vennero a dirmi, sotto voce, che con tutta probabilità non era stata una fuga di gas: le caratteristiche delle schegge facevano propendere per una bomba.

 

In quel momento mi sentii come soffocare: chi poteva aver voluto tutto questo?

 

La mattina dopo le definitive conferme e l’emersione della pista mafiosa. Avevano voluto colpire Firenze, città della cultura, nel cuore stesso del suo patrimonio di cultura: quella galleria degli Uffizi che a oggi è la galleria di arte più visitata in Italia.

 

Nei giorni successivi operai per la rimozione delle macerie e il ripristino di condizioni accettabili per le abitazioni e le attività. Ma in ogni caso non si poteva più tornare indietro.

 

Quella bomba, quella notte, segnò un punto di svolta nel modo in cui la mafia era vissuta da Firenze e dai suoi cittadini. La mafia era in mezzo in noi, nella nostra vita quotidiana. Anche noi eravamo vulnerabili. Vulnerabili, ma decisi a sostenere la sfida della criminalità organizzata.

 

Tutti insieme, con fermezza, istituzioni e cittadini.

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