Campi Bisenzio

Nuove pietre d’inciampo per le vittime del nazifascismo: c’è anche un campigiano 

Il ricordo anche per l’artigliere Bruno Corsi, nativo di Campi Bisenzio.

Nuove pietre d’inciampo per le vittime del nazifascismo: c’è anche un campigiano 
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Nuove pietre d’inciampo per le vittime del nazifascismo: c’è anche un campigiano 

I nomi di ventotto martiri fiorentini del nazifascismo sono stati incisi nella memoria cittadina con l’apposizione delle “pietre d’inciampo” dell’artista tedesco Gunter Demnig. 

Ogni piccolo blocco di pietra quadrato è ricoperto d'ottone e ricorda nome, anno di nascita, giorno e luogo della morte di ciascun deportato.
Stamani alle 10 in via Aretina 133 a Firenze è stata apposta anche la targa d’inciampo per Bruno Corsi, nato a Campi Bisenzio il 10 dicembre 1912, secondo figlio di Raffaella Giardi e Antonio Corsi.  

“Bruno - ha ricordato Maria Serena Quercioli - era lo zio di mia mamma, dopo aver intrapreso la carriera militare si era trasferito a Firenze, in via Aretina 133. Il foglio matricola (custodito all’Archivio di Stato di Firenze) è una sorta di “fotografia” di Bruno.
La chiamata alle armi fu il 9 marzo 1935 e il giorno dopo era nel 5° reggimento Artiglieri contraerei a Palmanova. Il 24 giugno 1935 fu inviato in licenza di convalescenza per 20 giorni su proposta del Dirigente di servizio sanitario reggimentale per contusione al ginocchio destro. Il 16 settembre 1935 ci fu una nuova chiamata alle armi per mobilitazione e raggiunse il 3° Reggimento artiglieria contraerea.

Partì per la Libia e si imbarcò a Napoli il 14 aprile 1936 col 2° Reggimento Artiglieria coloniale. Sbarcò a Tobruk il 18 aprile 1936 e cessò di essere mobilitato dal 1° agosto 1936. 

Bruno Corsi fu mandato nuovamente in congedo illimitato per mobilitazione in data 12 gennaio 1937 dal Comando artiglieria libica. Il 21 gennaio 1937 si imbarcò a Bengasi e sbarcò il 23 gennaio a Siracusa. Il foglio matricolare si chiude il 7 ottobre 1937. Poi, in tempi successivi, ci sarebbe stata quella partenza verso il fronte croato dal quale non sarebbe più tornato.  

È per me una grande emozione poter assistere oggi alla posa della pietra d’inciampo - ha detto trattenendo le lacrime Quercioli - dopo il ritorno in Italia delle spoglie, la posa della pietà d’imciampo è un po’  la chiusura di un cerchio, l’opportunità di far conoscere la storia di un soldato semplice, una storia sicuramente simile a quella di migliaia di Imi”.

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