Livorno, maxi risarcimento per un parto cesareo sbagliato
La sentenza della Corte d’Appello ha confermato la responsabilità dell'ospedale Santa Chiara
Una lunga battaglia giudiziaria che si è conclusa con la condanna dell’Azienda ospedaliera pisana al pagamento di quasi 1,3 milioni a seguito della sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Il caso è quello di un parto cesareo eseguito in ritardo su una paziente livornese che ha portato a un’invalidità permanente dell’80 per cento.
I fatti di 19 anni fa
Nel 2005 la donna si presentò in serie condizioni di salute all’ospedale labronico alla trentesima settimana di gravidanza. I medici disposero l’invio in ambulanza al Santa Chiara, in quanto struttura di terzo livello provvista di unità di terapia intensiva neonatale. La signora, infatti, arrivò a Pisa già alle 10,30: da quel momento si snoda la vicenda, con una serie di passaggi che sono stati oggetto delle perizie sia dei consulenti di parte che di quelli d’ufficio.
Il ritardo nell'intervento
Alla base dei problemi del piccolo c’è un unico errore nella procedura seguita al Santa Chiara. Uno sbaglio commesso nell’ultimo periodo, in cui, a fronte di una ecografia patologica poiché descrive “distacco di lembo distale della placenta” mentre era presente “discreta perdita ematica vaginale”, il ginecologo decise di attendere ancora; quello sarebbe stato il momento in cui decidere di effettuare l’immediato cesareo
Aumenta l'entità del risarcimento
L’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, modificando però la contabilizzazione del risarcimento. Nella sentenza di primo grado, per il danno biologico, erano infatti state applicate le tabelle per l’invalidità al 90% e non all’80%, come nel caso del piccolo. In realtà però la rideterminazione, considerando nel frattempo l’uscita di altre tabelle e la necessità di rivalutazione dal 2005, ha portato l’importo ad aumentare arrivando – considerando tutte le voci – a 1. 285. 000 euro che è stato fissato dall'Appello.