la storia

Quando l’epidemia di Vaiolo sconvolse la Piana: spettava anche ai parroci diffondere la cultura del vaccino

Lo studioso Simone Manna ha ritrovato un documento prezioso del 1810 che mostra le misure preventive contro il contagio

Quando l’epidemia di Vaiolo sconvolse la Piana: spettava anche ai parroci diffondere la cultura del vaccino
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Le epidemie hanno sempre avuto un ruolo rilevante nella storia dell’umanità sul piano sanitario, demografico, sociale ed economico. Per questo non si deve assolutamente disperdere il patrimonio di conoscenze e di valori acquisito attraverso secoli di lotte alle grandi epidemie ed anzi risulta prezioso studiare come nella storia sia stato affrontato l’andamento e la diffusione delle malattie infettive, fra popolazioni e stati diversi. Tra le malattie più aggressive non si può non citare il Vaiolo che dopo un’iniziale decremento della diffusione, su scala mondiale, nella prima metà dell’Ottocento riprese a diffondersi perché le nuove generazioni, pensando di aver sconfitto il morbo, smisero di vaccinare i propri figli, esponendoli con ciò all’infezione. Al riguardo, proprio nei giorni scorsi, Simone Manna, 23 anni, docente di geografia alla scuola secondaria di 1° grado Beata Giovanna di Signa e responsabile dell’archivio parrocchiale di Santa Maria in Castello, ha ritrovato un documento davvero importante. «E’ vero - ha annunciato a BisenzioSette - all’interno del fondo archivistico di Castello ho potuto ritrovare e leggere il manifesto che venne affisso in città per comunicare l’istituzione del comitato di vaccinazione di Campi Bisenzio contro il Vaiolo. Nel 1810 - ha ricostruito Manna - l’attuale territorio della Regione Toscana fu annesso all’impero francese e la Toscana fu divisa in 3 dipartimenti: quello dell’Arno, l’Ombrone e quello costiero. Il documento rivenuto riguarda nello specifico il dipartimento dell’Arno ed istituiva a Campi il centro vaccinale, perché nel 18° secolo il comune di Signa era stato soppresso ed unito a quello di Campi. Sarà poi solo Napoleone a far risorgere il Comune della città della Paglia». La preziosità dell’atto risiede nel fatto che è possibile leggere le misure messe in campo per consentire la più rapida e massiccia diffusione del vaccino, mostrando quelle che furono le misure preventive sviluppate per evitare la diffusione del Vaiolo. «In primo luogo - ha spiegato Manna - fu creato un comitato di vaccinazione a Campi, sede della Comune alla quale afferiva anche la Mairie di Signa, che aveva il compito di diffondere la cultura del vaccino e far sì che i genitori vaccinassero i propri figli. Per la diffusione della cultura del vaccino - ha aggiunto - oltre ai pubblici rappresentanti della Mairie e del governo, come ben si legge nel documento storico, ci si appoggiava anche sui Parroci dei diversi territori e si invitava tutti all’educazione del popolo al fine di “distruggere i pregiudizi che l’ignoranza e la malignità potevano spargere sui risultati dalla vaccinazione”. Corsi e ricorsi storici: anche allora era necessario fare opera di persuasione contro i “no vax”, dimostrare e far comprendere l’importanza del vaccino e consentire una diffusione di massa. «Dalla lettura dell’atto - ha continuato Manna - si apprende come i sindaci avessero il compito di collaborare con i delegati dalle circoscrizioni e con i parroci per favorire la cultura del vaccino e come i maestri ed i docenti fossero obbligati a non riammettere a scuola gli allievi se non avessero fornito il certificato della guarigione dalla malattia o l’avvenuta vaccinazione». Rilevante è anche comprendere come mai questo documento sia stato gelosamente conservato nell’archivio in Castello: «In quel tempo - ha osservato Manna - parroco di Castello era Gaetano Giannini, un vero e proprio parroco-filosofo, amante della religione, della società civile e del buon ordine. Giannini credeva che fosse suo preciso dovere educare quella porzione di popolo affidatagli, così da rendere gli individui non solo buoni cristiani ma più in generale buoni cittadini ed ottimi sudditi, convinto, come scritto da lui stesso, di dover ricondurre le anime a Dio ma anche servire il principe che governava, essendo un educatore civico del popolo». Non c’è che dire: si tratta di una scoperta documentale di prim’ordine.

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