L'accusato dell'omicidio di Pulcini agli arresti domiciliari, la moglie: "Meriterebbe l'ergastolo"
L'indagato finito in manette è lo stesso ragazzo che si era presentato in caserma, indagini difficili per un clima di omertà diffuso in paese
“Sono contenta che abbiano arrestato il presunto responsabile dell’omicidio di mio marito. Se risulterà colpevole dovrebbero dargli l’ergastolo per quello che ha fatto”.
Sono queste le parole “a caldo” dichiarate ai quotidiani locali da Sandra Baldi, moglie di Luigi Pulcini, il commerciante in pensione originario del Lazio che insieme alla donna avevano gestito per molti anni una pizzeria nel centro di Roma, morto nella notte dello scorso Ferragosto dopo dieci giorni di agonia in ospedale, in seguito a un’aggressione avvenuta la domenica mattina del 6 agosto 2023, all’esterno di un bar di Altopascio in provincia di Lucca.
Certo, i sentimenti della donna sono quelli di una persona ferita profondamente dalla perdita di chi aveva più caro nella vita, che ora spera la giustizia faccia il suo corso. Ha poi aggiunto:
“Penso spesso a quello che è accaduto, per ora sono tornata a vivere a Roma però salirò di nuovo a Spianate (frazione di Altopascio) dove ho la casa di famiglia e le mie radici”.
L’arresto
Il ragazzo che si pensa abbia colpito con il pugno (poi rivelatosi mortale) Luigi Pulcini si trova in stato di arresto e accusato di omicidio preterintenzionale, è un giovane di 20 anni, Richard Balestra, di etnia sinti e componente di una famiglia molto numerosa da tanti anni stanziata sul territorio di Altopascio e in generale nella piana lucchese.
I carabinieri, ricostruiti i fatti e messe insieme le prove raccolte, hanno effettuato il blitz, all’alba di mercoledì 1 novembre a casa del ragazzo che aveva festeggiato il compleanno il giorno precedente.
Ora però si trova agli arresti domiciliari.
Il fatto
Molti si chiedono perché omicidio preterintenzionale. Perché, secondo l’accusa, l’arrestato avrebbe aggredito l’uomo di 75 anni senza la volontà di ucciderlo e probabilmente inconsapevole che colpendolo con violenza sarebbe potuto accadere.
Dopo il pugno ricevuto in pieno volto, infatti, Luigi Pulcini era caduto per terra sbattendo contro lo spigolo del marciapiede fratturandosi fatalmente il cranio. Subito era sembrato in condizioni disperate e, nonostante tutti i tentativi fatti per salvargli la vita, compreso un delicato intervento chirurgico, era deceduto dieci giorni dopo all’ospedale Cisanello di Pisa senza mai riprendere conoscenza.
Nel capo d’imputazione resta l’aggravante dei futili perché, secondo l’accusa, il Balestra sarebbe scatenato la sua violenza contro l’anziano commerciante, a causa di un ininfluente sguardo di troppo dell’uomo nei confronti della compagna ma più probabilmente per un’incomprensione.
Le difficili indagini
La persona finita in manette che dovrà difendersi dall’accusa dell’omicidio di Luigi Pulcini, era lo stesso ragazzo che, un’ora e mezzo dopo il fatto, si era presentato in caserma auto accusandosi.
Però in quel momento, secondo i carabinieri, aveva fornito una versione dei fatti che non aveva risultanze con le testimonianze raccolte sul posto e gli elementi in mano a chi conduceva le prime fasi delle indagini.
Forse, ed è questa la convinzione dei carabinieri, era stata una strategia per depistare le indagini facendo insospettire i militari che stesse coprendo un’altra persona.
Da lì in poi è iniziata una lunga attività di approfondimento, raccolta di testimonianze e analisi degli elementi acquisiti che, dopo tre mesi di lavoro, dovrebbero aver portato a chiarire l’accaduto e ad accusare Richard Balestra.
Fondamentali, per una definizione del responsabile dell’aggressione mortale del 6 agosto in piazza Umberto ad Altopascio, sarebbero state le riprese video delle telecamere installate nel centro del paese che avrebbero ripreso l’indagato mentre si allontanava dal luogo dove era avvenuto il fatto, a bordo di Fiat 500 blu.
Gli inquirenti avrebbero avuto anche molte difficoltà a raccogliere informazioni in paese perché molti testimoni del fatto e cittadini ad Altpascio, si sono dimostrati reticenti a rilasciare dichiarazioni per paura di ritorsioni da parte della famiglia di Richard Balestra.
Un clima di omertà e una rete di conoscenze tra amici, parenti, conoscenti, che hanno in qualche modo protetto l’accusato, coprendolo, non fornendo informazioni e, in alcuni casi, rilasciando dichiarazioni false. Per questo motivo i carabinieri, nella stessa operazione, hanno inserito nella lista degli indagati altre 13 persone per il reato di “favoreggiamento personale”.
Quella rissa choc nel 2014
Per spiegare bene il clima di diffusa omertà adAltopascio è necessario raccontare il rapporto tra i cittadini, le famiglie sinti del territorio e la loro influenza.
C’è un fatto, che risale al 2014, che spiega il modus operandi di queste persone.
Ci fu un regolamento di conti tra gruppi sinti. Da una parte la famiglia Balestra. Botte, colpi con spranghe e tubi di ferro e minacce di morte. Una rissa di una violenza inaudita che lascio sotto choc gli altopascesi.
Evidentemente, quello della violenza, è un codice comportamentale di queste persone dalle quali, secondo molti che abbiamo provato a sentire in paese, “è meglio stare alla larga”.