Figlia di un noto medico, da 14 anni lotta per il riconoscimento
E’ questa la storia di Fiorella Nannini, 67 anni, campigiana, uscita sul settimanale BISENZIOSETTE
Il padre in punto di morte, aveva deciso di riconoscere quella figlia nata da una relazione clandestina
Figlia di un noto medico, da 14 anni lotta per il riconoscimento
Da 14 anni porta avanti una battaglia per ottenere il cognome di suo padre che, in punto di morte, aveva deciso di riconoscere quella figlia nata da una relazione clandestina. E’ questa la storia di Fiorella Nannini, 67 anni, campigiana, che durante l’adolescenza ha scoperto che il suo vero babbo non era Nannini ma il dottor Giorgio Conti di Campi Bisenzio. Una scoperta che le ha cambiato la vita per sempre. Da quel giorno Fiorella ha tenuto dentro il suo segreto, il padre era sposato e lei lo poteva vedere soltanto quando andava in ambulatorio.
«Quando venni a sapere che il dottor Giorgio Conti era il mio vero padre - ha detto Fiorella - per me fu un vero e proprio choc. Avrei voluto conoscerlo, stare con lui ma all’epoca tutto questo era impensabile. Lo vedevo quando mia mamma mi portava da lui per delle visite e mi ricordo che mi dava dei pizzicotti sulla guancia. Non sono riuscita a frequentarlo come avrei voluto ma, dentro di me, ho un bel ricordo di lui. Era un uomo intelligente, deciso e sempre sorridente. Era una bella persona. A Campi se lo ricordano in molti e questo mi fa piacere».
Le cose per Fiorella sono andati avanti così per anni. Lei, fin da giovanissima, è stata costretta dalle necessità economiche a confrontarsi con il mondo del lavoro.
«Ho cominciato a lavorare prestissimo - ha spiegato Fiorella - Per anni ho prestato servizio nei grandi alberghi dove mi occupavo delle pulizie. Un lavoro duro che, però, mi ha permesso di vivere. Mi sono sposata e ho avuto un figlio. La mia vita andava avanti ma dentro di me sentivo che mi mancava qualcosa ma non potevo fare niente per poter stare con mio padre».
Tutto questo è andato avanti fino a quando il dottor Conti, ormai anziano, si è sentito male.
«Prima di quel periodo - ha spiegato la Nannini- qualche volta andavo a trovarlo a casa e devo dire che anche la sua famiglia mi aveva accolto bene. Poi quando si è ammalato ed è stato ricoverato in ospedale è stato lui stesso a mandarmi a chiamare perché voleva vedermi. Proprio in ospedale mi ha detto che mi avrebbe voluto riconoscere e che si sarebbe fatto fare un prelievo di sangue per l’esame del Dna. E’ stato lui a dirmelo e a farsi togliere il sangue. Andavo a trovarlo tutti i giorni per me quello è stato un periodo bello, finalmente potevo stare un po’ con lui, parlarci, guardarlo come non avevo mai potuto fare prima. Mi ricordo tutto di quei momenti, le sue parole, i suoi gesti, il suo modo di fare, le sue espressioni. Ho memorizzato tutto quello che avrei sempre voluto vivere. In pochi giorni cercavo di capire chi era mio padre, se ci somigliavamo e quello che mi ero persa negli anni precedenti. E’ stato difficile e ancora oggi se ci ripenso mi commuovo. Lui, in punto di morte, voleva riconoscermi, voleva darmi il suo cognome. Questa era la sua volontà».
Le cose, spesso, non seguono mai un percorso semplice e dopo la morte del dottore avvenuta nel 2005 per Fiorella è iniziato un vero e proprio calvario durato 14 anni, nel corso dei quali la volontà del dottor Conti non è ancora stata fatta.
«Ho intrapreso un iter giudiziario - ha detto Fiorella - per vedere riconosciuto il mio diritto di figlia ma ad oggi non ho ottenuto il cognome di mio padre. Il campione del sangue che gli era stato prelevato non si trova più. Io ho lottato tanto in questi anni per essere riconosciuta figlia di mio padre e non è stato facile affrontare tutto. Con mia mamma e le mie due sorelle Nannini ci siamo sottoposte all’esame del Dna ed è emerso che non abbiamo lo stesso padre, io non sono compatibile con loro due. Ho tutta la documentazione che lo stabilisce. Speravo che potessero essere esumati i resti di mio padre per fare il Dna ma così non è stato. Sono 14 anni che lotto e che soffro e oggi francamente credo di avere diritto a delle risposte. Nannini non era mio padre e ho diritto al disconoscimento ma è chiaro che il mio vero babbo deve essere riconosciuto. Mi sembra di avere sofferto abbastanza in tutti questi anni. Voglio solo che si facciano degli accertamenti. Io sono disposta a sottopormi a qualsiasi prova ed esame purché venga affermata la verità una volta per tutte. Fino ad oggi non ho ottenuto niente dalla giustizia e chiedo che il mio caso venga preso in considerazione. Io, anche se sono stanca, non mi arrendo. Voglio che sia rispettata la volontà del mio babbo e andrò fino in fondo».