Klodiana Vefa, la donna che voleva essere libera
In questa triste vicenda rimane il destino di due ragazzi che adesso sono rimasti orfani, traditi da chi avrebbe dovuto proteggerli
Si chiude con un sipario di quelli più amari la storia di Klodiana Vefa, la donna di 37 anni uccisa con due colpi di pistola a Castefiorentino, in provincia di Firenze. E' sempre il suo ex marito, Alfred Vefa, l'uomo che l'ha freddata alle spalle, a decidere di nuovo la fine. Il tutto con un colpo di teatro. Ha messo fine alla sua vita in un campo di ciliegi, nella periferia di San Casciano in Val di Pesa. A 25 chilometri di distanza da via Galvani dove ha lasciato a terra Klodiana.
Quegli alberi, dove ha trovato riparo l'uomo di 47 anni per spararsi un colpo secco in testa, sono stati piantati circa 20 anni. Gli stessi anni da quando la coppia aveva fatto dell'Italia la sua casa. Prima si era trasferito Fredi, così lo chiamano gli amici. Nel 2003 sarebbe venuta Klodiana.
Poi sono nati i figli, un maschio ed una femmina, cui nomi erano tatuati nel avanbraccio di Fredi. Anche il nome di Klodiana era accanto al loro. Solcati nella pelle per sempre. Così, come per sempre ha tolto la vita a quella che considerava una cosa sua, l'ex moglie.
Una famiglia distrutta
Rimane la disperazione di due ragazzi, di 17 e 14 anni, i figli di Klodiana e Alfred, appunto. E' il silenzio dei loro ragazzi adesso a parlare. Le loro mani giunte e gli occhi pieni di lacrime sono il simbolo di questa tragica vicenda.
Lucidi, fieri, forti. Così si sono presentati davanti alla panchina rossa in piazza Gramsci a Castelfiorentino dove si era data appuntamento venerdì sera, 29 settembre, una comunità intera. Lo sguardo perso su quelle fotografie che erano state attaccate con lo scotch sulla panchina, simbolo della violenza sulle donne. Stretti gli uni agli altri.
Con la zia, la sorella di Klodiana, che sotto voce chiedeva in albanese se poteva urlare. Forse voleva piangerla a modo suo. Forse voleva chiedere a Klodiana se aveva sentito dolore. Forse le voleva chiedere se, stesa su quel marciapiede in via Galvani quella notte autunnale, avesse sentito freddo. Forse...
Una comunità in lutto
A illuminare il silenzio di quei singhiozzi di dignità ci sono state le fiaccole, accese una dietro l'altra. Poi un serpentone di circa duemila persone si è riversato nelle vie di Castelfiorentino. Una comunità in lutto: quella albanese e castellana. Vicini perché certi dolori non hanno etnia nè colore. Sono dolori e basta. E così è stato.
"E' un femminicidio", ha urlato il sindaco di Castelfiorentino, Alessio Falorini. "Adesso - ha detto - è l'ora dell'indignazione".
E' il giorno delle lacrime e degli abbracci. Dei fiori di chi non la conosceva Klodiana Vefa, la donna che sui social scriveva "fai il modo che nessuno ti levi il sogno di volare e di essere libera". A lei, invece i sogni glieli ha spezzati chi diceva di amarla e sul braccio si era tatutato "nel mio cuore ci sei solo te amore". Invece le ha sparato due colpi a pochi metri da casa, togliendole la vita.
Voleva essere una donna libera Klodiana. Forse diventata grande troppo presto.
"Ti auguro di girare pagina", le scriveva la figlia in una lettera nel 2019. E poi ancora: tu non piangere ridi sempre. Un sorriso spento per sempre davanti a chi le aveva promesso amore eterno.
Adesso, gli occhi al cielo perché "te eri bella e ti volevano bene tutti", ha sussurrato la sorella di Klodiana. Le mani strette ai nipoti. I vestiti neri, come nera è questa storia. Una storia dal sapore amaro, appunto.
Di Edlira Mamutaj