Io, combatto: una storia d'amore, disperazione coraggio
Loretta Rossi Stuart (nota attrice e sorella di Kim), ha raccontato la storia del figlio Giacomo. Il libro è stato presentato in Regione.
Io, combatto: una storia d'amore, disperazione coraggio
Un anno in prigione per un furto dal valore di 60 euro, senza che il carcere fosse la struttura adeguata e prescritta per poterlo accogliere.
Questa è l'incredibile storia di Giacomo, un ragazzo di 27 anni con un lieve disturbo bipolare ed una dipendenza dalla droga. Un giovane uomo costretto a vivere un'esperienza terribile figlia di un forte disagio personale ed una evidente fragilità ma che inoltre evidenzia una totale mancanza di sensibilità da parte delle istituzioni.
Una storia d'amore, disperazione e coraggio. E a raccontarla nel libro "Io, combatto" la mamma di Giacomo, Loretta Rossi Stuart (nota attrice e sorella di Kim), che negli ultimi 10 anni è stata obbligata al confronto con dei mondi con i quali non avrebbe mai pensato di doversi rapportare. Quelli del carcere, della sanità e della dipendenza da sostanze illecite.
Il libro è stato presentato martedì in Regione in un incontro moderato dalla direttrice di Bisenziosette, Debora Pellegrinotti.
Una cronaca fin troppo comune, di una mamma che spera, col suo amore, di salvare dal baratro il figlio tossicodipendente.
Ed un figlio che, proprio per tenere quell'amore concentrato su di sé, non rinuncia alla catastrofe: ricoveri in psichiatria, fughe dalle comunità, il carcere e poi l'ultima spiaggia.
Il racconto di una vicenda che in un certo senso ha fatto epoca ponendo l'accento sulle evidenti lacune istituzionali del nostro ordinamento per quanto concerne l’aspetto legislativo e strutturale, mettendo suo malgrado a nudo le enormi difficoltà del Paese nel gestire situazioni al limite, proprio come quella di Giacomo.
Tutto cominciò nel 2018, quando il ragazzo (allora 23enne), non più accolto dalla comunità in cui era già stato, finì dietro le sbarre per un furto di 65 euro. Così venne recluso nel carcere di Rebibbia, sebbene quello non fosse il suo posto: sarebbe infatti dovuto andare in una Rems (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), ma la lista d’attesa era infinita e così iniziò l’epopea burocratica per sua madre Loretta.
Un viaggio all'inferno, così viene definito nel libro, una sofferenza tormentosa tra trattamenti sanitari obbligatori ed uno stato psichico e fisico logorati dalla di dipendenza.
La condizione carceraria e tutti i disagi che essa comporta (tema di stretta attualità nel paese) non era quella idonea per una persona che soffre di un disturbo psicologico di personalità borderline che alterna fasi depressive ad altre di eccitazione maniacale. E Se questa malattia viene associata anche alla droga è inevitabile che sfoci in comportamenti sbagliati, seppur inconsapevoli.
A decretare l'errore, dopo il ricorso dei legali, anche una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha certificato l'anno illegale di reclusione ed ha riconosciuto che la struttura psichiatrica detentiva deve essere disponibile.
Loretta si definisce nel libro una «tigre che combatte sorretta dalla fede». Una mamma lottatrice e instancabile che ad un certo punto inizia a sentire che la vita le chiede qualcos'altro. Così la trasformazione durante il travagliato percorso, la mamma diventa Madre, finalmente libera da sensi di colpa e manipolazioni. E decide di dedicare questo libro a suo figlio, nel non nascosto tentativo di dare sostegno e spunti di riflessione anche ai genitori, ai figli, alla società in generale.
Da qui l'idea lanciata da Loretta che solleciti alla valutazione di un ipotetico progetto guida riguardo ai pazienti con doppia diagnosi, come suo figlio. «Le comunità terapeutiche per tossicodipendenti con disturbi psichiatrici - afferma - non sono in linea con tale complessa problematica. Per questo motivo bisogna lavorare ed attivare le autorità preposte per creare una struttura che stia a metà tra la comunità di recupero classica e la Rems, magari su un'isola, lontano da ogni tentazione. Per evitare il carcere, per prevenirlo».
Nel frattempo Loretta ha fondato il "Movimento Mamme Doppiamente Disperate", una rete di contatto e di collaborazione tra familiari di persone con problemi di dipendenza e disturbi di personalità. «Qualcosa di gigantesco da affrontare, faremo del nostro meglio». E suggerisce: «Per porre un sano distacco verso un figlio che, per motivi psichiatrici, non può gestire la propria vita autonomamente, credo sia opportuno diventare suo “amministratore di sostegno”, un buon compromesso per tutelarlo a distanza».
di Manfredi Pontello