Restaurata la Pietà di Michelangelo del Museo dell'Opera del Duomo
La Pietà Bandini ora palpita
La Pietà di Michelangelo risplende di vita dopo il restauro iniziato nel 2019
La Pietà Bandini ora palpita
“Ciò che più mi strugge è che finalmente ora si possono vedere i diversi strati di lavorazione del marmo. Dopo la pulitura quella vibratilità si percepisce e a dispetto dell’essere pietra è un marmo che palpita”, durante la conferenza stampa (venerdì 24 settembre 2021) così ha osservato Antonio Natali, dal giugno del 2006 al novembre del 2015 è stato direttore della Galleria degli Uffizi, dove ha lavorato dal 1981 al 2016 ed è senza dubbio alcuno un'autorità indiscussa negli studi dell’arte del ‘400 e ‘500 fiorentini.
Il professor Natali è il coordinatore scientifico del restauro insieme a Vincenzo Vaccaro e consigliere dell’Opera.
I biografi più antichi concordano nel tramandare che Michelangelo avesse cominciato il marmo poco prima del 1550 e quindi quando aveva settantacinque anni, con l'intenzione di collocarlo sopra l'altare di una chiesa ai piedi del quale voleva essere sepolto.
Il marmo, e il restauro iniziato nel 2019 lo conferma, è un blocco del peso di circa 2700 Kg corrispondente a un metro cubo di marmo di Seravezza, "duro e difettoso", così lo descrive Giorgio Vasari, uno dei biografi di Michelangelo, insieme a Ascanio Condivi, che per le sue impurezze (pirite) "faceva fare fuoco" a ogni colpo di scalpello.
Michelangelo si dedicò dal 1518 al 1520 all'impresa ordinata da Giovanni de’ Medici volta a utilizzare i marmi estratti nei monti di Seravezza per la facciata della chiesa di San Lorenzo a Firenze e a realizzare la strada dalle cave al mare. La costruzione della strada poi subì continui rallentamenti e quando finalmente i primi marmi giunsero a Firenze, nel 1521, il progetto della facciata ormai era stato abbandonato. Ma rimane un mistero come mai Michelangelo possedesse questo enorme blocco di marmo di Seravezza tra il 1547 e il 1555 quando cioè scolpisce la Pietà.
E sempre i due biografi danno notizia che l'artista preso dallo sconforto per la difficoltà di lavorazione e la resa non ottimale di questo marmo difettoso staccasse le braccia sinistre di Cristo e della Vergine, l'avambraccio destro di Cristo e il braccio destro della Maddalena, la gamba sinistra di Gesù.
Nel 2006 Wasserman ha però chiarito che non si è trattata di una distruzione volontaria ma del tentativo da parte del Buonarroti di cambiare le pose delle figure. Da lì a poco il gruppo scultoreo composto di quattro figure tra cui l’anziano Nicodemo a cui l’artista ha dato il suo volto, subirà vari passaggi di proprietà, regalata dal Buonarroti al servitore Antonio, fino a giungere nel 1671 a Cosimo III Medici, che l'acquistò e tre anni più tardi giunse a Firenze via mare e poi lungo l'Arno e nel 1981 al Museo dell'Opera del Duomo dove fino al 2013 è stata esposta nel locale aperto del mezzanino dell'antica scalinata.
La Pietà Bandini ora palpita. Nel recente allestimento è stata montata su un podio che rievoca l'altare su cui l'artista aveva pensato di collocarla con l'intento di realizzare un cantiere di restauro “aperto” dove i visitatori del Museo dell’Opera del Duomo hanno potuto vedere il restauro e dove anche per i prossimi 6 mesi, dal 25 settembre 2021 al 30 marzo 2022, il pubblico potrà vedere la Pietà restaurata grazie a visite guidate.
Il restauro è stato commissionato e diretto dall’Opera di Santa Maria del Fiore grazie alla donazione della Fondazione non profit Friends of Florence, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ABAP per la Città Metropolitana di Firenze e le Province di Pistoia e Prato ed è stato affidato alla restauratrice Paola Rosa con la collaborazione di Emanuela Peiretti.
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