L’intervista

Chiara Francini in scena: «Teatro ferito ma tornerà grande»

Attrice e scrittrice di successo,Chiara Francini è stata la protagonista, insieme ad Alessandro Federico, della riapertura del Teatro del Popolo

Chiara Francini in scena: «Teatro ferito ma tornerà grande»
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Attrice e scrittrice di successo,Chiara Francini è stata la protagonista, insieme ad Alessandro Federico, della riapertura del Teatro del Popolo di Castelfiorentino con lo spettacolo «Coppia aperta, quasi spalancata» di Dario Fo e Franca Rame, per la regia di Alessandro Tedeschi. La storia di una coppia in crisi che cerca in una svolta «moderna» la soluzione dei propri problemi è narrata con l’ironia sagace e feroce, al tempo stesso, che ha caratterizzato la scrittura di una delle coppie più famose del teatro italiano. E proprio dalla riflessione sul teatro parte la nostra conversazione con Chiara Francini.

Finalmente il mondo dello spettacolo può ripartire! Siete l'unica compagnia nel cartellone del Teatro del Popolo ad aver potuto allestire lo spettacolo, le altre costrette a dare forfait. Quanto è grave la ferita del teatro?

«È grande, tuttavia è grande esattamente come lo è il teatro. Io sono certa che questa sia l’unica forma d’arte che ti dà l’opportunità di abbracciarti, di condividere quasi una fisicità e perciò sono certa che le persone abbiano una profonda necessità di tornare ad abbracciarsi fisicamente. Credo che il teatro sia stato grande e che rimarrà tale, anzi: forse lo diventerà ancora di più».

Parliamo del testo che porta in scena, «Coppia aperta, quasi spalancata» di Franca Rame e Dario Fo. A distanza di quarant'anni qualche passo avanti in materia di stereotipi è stato fatto?

«Be’, grazie a Dio sì. Si sono fatti dei passi avanti e, soprattutto, credo che la donna abbia acquisito una maggiore consapevolezza di quello che è il suo bene, di quelle che sono le sue forme, di quelli che sono i suoi tratti e credo che, sempre di più, la donna abbia imparato a comprendere come l’amore debba sì essere caratterizzato da dei momenti di dispiacere e di dolore ma che in toto non deve essere sopravvivenza bensì vita».

Lei è anche scrittrice e il suo ultimo libro «Il cielo stellato fa le fusa» ha avuto più ristampe ravvicinate in pochi mesi. Vive questo successo in maniera diversa rispetto alla popolarità da cinema e televisione?

«La scrittura al pari del teatro e del cinema mi dà l’opportunità di vedere ancor di più quelle che sono le mie tinte, i miei colori. Molte volte accomuno queste tre cose con un unico bisogno che ho e che è quello di ricevere l’amore degli altri esseri umani. Per questo sono solita usare questa metafora e dire che il cinema e la televisione sono come delle telefonate d’amore, mentre la scrittura e il teatro sono come degli abbracci».

Quanto della sua formazione attoriale è confluito nel suo modo di scrivere?

«Nel mio modo di scrivere confluisce la vita stessa: tutto quello che io faccio, che io ho visto, tutto ciò che mi ha colpito nel bene e nel male è presente nella mia scrittura. Sicuramente la mia attività attoriale mi supporta soprattutto in una delle parti più difficili della scrittura che è quella relativa ai dialoghi. Mi dà l’opportunità di avere un orecchio che consente alla scrittura di apparire vera e questo è per me il traguardo più grande che un autore possa ricercare».

Lei ha detto in un'intervista, riferendosi ai temi del suo romanzo, «Il dialogo e la condivisione ci salveranno». Quanto sono mancati dialogo e condivisione in generale nell'affrontare le vicende dell'ultimo anno?

«Nel mio ultimo romanzo, che è fatto di novelle raccontate, ascoltate, il dialogo è sicuramente il cuore. In quest’anno di pandemia che ha attraversato tutto il mondo io credo che i dialoghi siano stati veramente il vaccino, perché nell’impossibilità di toccarsi fisicamente sono state le parole ad abbracciarci. Le parole hanno continuato a tenerci in vita, per questo se Dostoevskji diceva che la bellezza salverà il mondo io credo che sia invece il dialogo che l’ha salvato e che continuerà a salvarlo».

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