Forteto, l'appello di Bambagioni che chiede il ritorno in carcere di Fiesoli

Forteto, Bambagioni: "Il Governo intervenga per commissariare la cooperativa e accelerare il ritorno in carcere di Fiesoli".

Forteto, l'appello di Bambagioni che chiede il ritorno in carcere di Fiesoli
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Forteto, Bambagioni: "Il Governo intervenga per commissariare la cooperativa e accelerare il ritorno in carcere di Fiesoli""

Paolo Bambagioni ha scritto a Di Maio e a Bonafede

Sollecitare il commissariamento della cooperativa Il Forteto e approfondire le ragioni della scarcerazione di Rodolfo Fiesoli e accelerare la celebrazione del processo affinché ritorni quanto prima in carcere. Sono le richieste contenute in due lettere distinte indirizzate rispettivamente al ministro del Lavoro Luigi Di Maio e a quello della Giustizia Alfonso Bonafede da Paolo Bambagioni, consigliere regionale del Pd e già presidente della seconda commissione d’inchiesta regionale sul Forteto. Le due lettere, spedite nei giorni scorsi, sono state illustrate stamani in una conferenza stampa a cui hanno partecipato anche Sergio Pietracito, presidente dell’associazione Vittime del Forteto, Gino Calamai, socio lavoratore della cooperativa, e il consigliere regionale del M5S ed ex componente della commissione d’inchiesta Andrea Quartini.
“Non possiamo non registrare una serie di anomalie dal punto di vista giudiziario, segno di una commistione radicata e profonda. Rispetto le decisioni dei tribunali, ma, anche ripensando alla ricusazione del giudice poi fortunatamente revocata, qualche cattivo pensiero mi viene. Per questo – ha spiegato Bambagioni - auspico che il ministro Bonafede, cresciuto professionalmente  a Firenze, possa intervenire per sollecitare un’accelerazione del processo. C’è poi la questione della cooperativa, con alcuni soci lavoratori che hanno avuto il coraggio di denunciare costretti a lavorare con la vecchia gestione. E dire – ha ricordato il consigliere regionale – che l’ispezione promossa dal governo Letta si concluse con la richiesta di  commissariamento; ma poi tutto finì nel cassetto con l'arrivo al ministero del Lavoro di Poletti, vicino al mondo delle cooperative. Gli ispettori avevano evidenziato gravi irregolarità nelle buste paga, negli stipendi, soci costretti a ‘sottoscrivere inconsapevolmente strumenti finanziari’, oltre a ‘un atteggiamento discriminatorio verso i soci usciti dalla coop’ dopo l'emergere degli scandali, registrando anche una ‘tendenza a confondere le regole e i principi della comunità con il rapporto lavorativo e societario’. Adesso speriamo in una sensibilità politica diversa e confidiamo nell’intervento del Governo. La senatrice Bottici si è resa disponibile a sensibilizzare i ministri e favorire un incontro, e inoltre facciamo affidamento anche sui deputati Stefano Mugnai e Giovanni Donzelli, che hanno richiesto una commissione d’inchiesta parlamentare”, ha concluso Bambagioni.
Sergio Pietracito ha ricordato come dopo 15 condanne nessuno dei colpevoli sia in carcere, tutti vivano nelle case della cooperativa e molti siano ancora soci della cooperativa. “Nello Statuto è scritto che chi lede il decoro deve essere cacciato. Lo si faccia. Si deve fare i conti con la memoria e intervenire per sensibilizzare la cittadinanza su quanto è successo – da qui la campagna social “#cimettolafaccia” – ed elaborare misure compensative per le vittime, sia come risarcimento dei danni subiti che come valorizzazione economica dei salati persi in quanto lavorativamente sfruttati”, ha puntualizzato Pietracito, ricordando come sarebbe sufficiente vendere gli immobili per risanare i conti della cooperativa.

Calamai: "Bisogna togliere la cooperativa dal controllo della comunità"

La commistione tra cooperativa e comunità è emersa plasticamente nel dettagliato resoconto di Gino Calamai (in allegato): “E’ necessario che si intervenga per togliere la cooperativa dal controllo della comunità. In attesa del commissariamento della cooperativa, da noi richiesto all’assemblea dei soci del 14 giugno scorso, sollecitiamo le dimissioni del consiglio d’amministrazione e l’istituzione di un cda di garanzia. Anche  le associazioni di categoria – Legacoop e Confcooperative – che non garantiscono terzietà né controllo, facciano un passo indietro e agevolino il cambiamento. Chi voterà contro il cda di garanzia sarà consapevole che sostiene un altro progetto: la fine della cooperativa, il fallimento dell’impresa. Oggi non si può più dire che non si sapeva”, ha concluso Calamai.

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