L'intervento di don Giovanni Momigli in vista del 1 maggio: occorre immaginare il futuro per uscire dall'emergenza
La festa dei lavoratori quest'anno coinciderà con l'avvio della fase 2 dell'emergenza
In vista del primo maggio e dell'inizio della fase due dell'emergenza sanitaria determinata dal covid-19, don Giovanni Momigli, direttore del'ufficio pastorale sociale e lavoro della diocesi di Firenze ha inviato alla nostra redazione una sua riflessione.
"Il Primo Maggio, festa internazionale del lavoro, la Chiesa celebra San Giuseppe lavoratore, condividendo le preoccupazioni e i timori di lavoratori e imprenditori, per le difficoltà sociali ed economiche, che si assommano alle morti e alle ferite di persone e famiglie, causate dalla pandemia. La costante preghiera che accompagna queste lunghe settimane - compresi gli atti di affidamento che l’arcivescovo, cardinale Giuseppe Betori fa ogni sabato, iniziati alla Ss.ma Annunziata e continuati davanti a immagini del Crocifisso e della Madonna venerati sul nostro territorio – è sempre unita all’azione. Vicinanza e solidarietà con chi si trova in particolari difficoltà. Riflessione e proposta, per contribuire a immaginare e progettare il futuro senza limitarsi a uscire dalla dolorosa emergenza Covid-19 solo con qualche precauzione in più ma uguali nel pensare e nell’agire".
Indispensabile pensare alla fase 2
"È assolutamente indispensabile pensare la cosiddetta fase 2 con la volontà di affrontare alla radice questioni irrisolte, a partire da un concreto investimento sulla famiglia fino a quello su una formazione che valorizzi la “convergenza” scuola-lavoro, per fare della sinergia tra conoscenza e azione un elemento trasformativo e generativo. Appare chiaro a tutti che serve una politica economica che faccia leva su un grande piano d’investimenti pubblici. E che serve un efficace contrasto alle disuguaglianze e alla povertà e un’effettiva semplificazione delle procedure, accompagnata dal superamento degli sprechi e dalla lotta alla corruzione, che non sono dati dalla complessità delle norme, ma da efficaci misure di controllo e dalla consapevolezza che nessuna normativa può sostituire il valore della formazione delle coscienze alla cittadinanza responsabile e partecipativa".
Nessuno va lasciato solo
"La difficile sfida della tenuta psicologica, sociale ed economica del Paese, va affrontata sapendo che siamo tutti sulla stessa barca, ma che non abbiamo tutti gli stessi strumenti né le stesse protezioni e che nessuno va lasciato solo. Ci troviamo in un tornante della storia che ci chiede di cambiare paradigmi, di ripensare il modello di sviluppo globale e ridefinire il progresso (cfr L.S, 194), nonché di rivedere i rapporti tra politica, economia e scienza e assumere una diversa responsabilità collettiva. Come Pastorale Sociale e del Lavoro della diocesi di Firenze, siamo a fianco dei lavoratori e delle aziende del territorio in questa difficile fase, operando con la singolarità che ci è propria, per favorire una sempre maggiore sinergia operativa, per rafforzare la coesione sociale, per rendere il territorio più efficiente, funzionale e competitivo. Per procedere davvero alla semplificazione burocratica e a portare nell’alveo della legalità quei lavori e quelle attività che, anche a livello locale, oggi non lo sono, è necessario un “patto di fiducia” fra i soggetti in campo, pubblici e privati. Un “patto” che può aumentare la resilienza sociale ed economica del territorio, rendendo questa resilienza capace di concretezza e creatività, approccio tecnico-scientifico e immaginazione, visione universale e adesione alle esigenze locali".
Occorre progettare scelte coraggiose e innovative
"Dall’agire delle istituzioni e dei soggetti collettivi, può venire un valido aiuto alla crescita della moralità personale e collettiva e un contributo alla maturazione della politica, affinché questa, nella naturale dialettica ma evitando la vuota polemica, diventi capace di progettare e di puntare a scelte coraggiose e innovative".