Coronavirus, l'appello: "Tenere aperte le aziende"
L'appello di Francesco Marini, vicepresidente di Confindustria Toscana Nord.
Il distretto pratese e l'epidemia di coronavirus: l'importanza, quando possibile, di tenere aperte le aziende.
Coronavirus, l'appello
L'appello arriva direttamente da Francesco Marini, vicepresidente di Confindustria Toscana Nord :
"Continuare l'attività aziendale durante l'epidemia di coronavirus non è un capriccio o un atto di incoscienza. Non lo è a Prato come non lo è in altre aree del paese.
C'è un significato profondo sia economico che civico nel provare a portare avanti le nostre attività. Dico 'provare' perché non è detto che sia sempre possibile farlo. A renderlo inopportuno può essere la prudenza dettata da particolari situazioni aziendali che non consentono una sufficiente sicurezza: le aziende del resto si sono dovute attrezzare in tempi ridottissimi, con indicazioni non sempre chiare. Ma si potrà dover chiudere anche per totale assenza di lavoro o per altri fattori di forza maggiore. Potrà anche accadere purtroppo che qualcuno chiuda per casi di positività al coronavirus: chi si troverà in questa condizione dovrà essere aiutato a non uscire definitivamente dal mercato. L'iniziativa, lanciata dalla sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord, di un patto di solidarietà fra imprese mi trova del tutto concorde. Molte imprese, fra cui la mia, hanno già aderito: invito tutti i colleghi a farlo, anche come testimonianza di senso di appartenenza alla nostra comunità".
Il ruolo fondamentale per la ripresa
"Chi deve necessariamente chiudere è giusto che lo faccia; ma chi può tenere aperto svolge un ruolo fondamentale per consentire una ripresa quanto più possibile pronta e forte, una volta che questo periodo drammatico sarà passato. Tenere aperto significa mantenere le relazioni con i mercati e non invogliare i nostri clienti a rivolgersi altrove. Un'eventualità, quest'ultima, da scongiurare, perché poi recuperare i clienti sarebbe molto difficile. E senza clienti non c'è fatturato e non c'è occupazione. Ieri l'agenzia per il lavoro dell'ONU ha stimato in 25 milioni il numero dei posti di lavoro che saranno distrutti nel mondo dal coronavirus: vorrei che Prato contribuisse a questa cifra nella minor misura possibile.
La continuità operativa delle aziende è, lo ripeto, un valore economico e civico. Non è un caso se quelle stesse norme che, giustamente, chiedono a tutti noi di rimanere a casa il più possibile, prevedono una deroga apposita per chi va a lavorare, equiparato in questo a chi esce per comprare da mangiare per la sua famiglia o a chi ha emergenze indifferibili. Le limitazioni al movimento delle persone prevedono fra le pochissime eccezioni il raggiungimento del posto di lavoro: un segnale, che non potrebbe essere più chiaro, di quanto le istituzioni del nostro paese ritengano importante l’operatività delle imprese di produzione.
La salute va avanti a tutto, naturalmente; ma quando si è fatto tutto ciò che legge e buonsenso richiedono per la sua tutela, il senso di responsabilità ci dice di lavorare e di non precluderci un futuro che sarà comunque molto difficile."