l'editoriale

Il mistero buffo di un aeroporto “sostenibile”e “innovativo”

Il masterplan tutto da discutere.

Il mistero buffo di un aeroporto  “sostenibile”e “innovativo”
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Il mistero buffo di un aeroporto “sostenibile”e “innovativo”

 

Il nuovo aeroporto s’ha da fare...tanto per parafrasare la frase scritta da Manzoni in merito al matrimonio di Renzo e Lucia.
Sembra incredibile ma Toscana Aeroporti non molla e non arretra di un centimetro, rimanendo ferma sulla sua posizione: realizzare il nuovo aeroporto di Firenze costruendo una pista che asfalterà la piana.
Si va avanti, ignorando tutto e tutti per migliorare il servizio agli utenti nel nome di sostenibilità, innovazione e intermodalità.
Quanto poi un aeroporto nel cuore dell’area più urbanizzata e inquinata della Toscana possa essere “sostenibile” e “innovativo” resta il mistero buffo di tutta questa vicenda che negli anni ha assunto i contorni del paradosso: si vuol far digerire alla popolazione un’idea da paese sottosviluppato come quella di un aeroporto inserito in pieno centro urbano ammantandola di un’aura di modernità e addirittura di sensibilità ambientale che francamente lascia sconcertati. Almeno risparmiateci l’ipocrisia: qui si tratta di sviluppare il business di Toscana Aeroporti, di riempire ancora di più Firenze di turisti e fare soldi.
Già, fare soldi per fare soldi per fare soldi come recitava Giorgio Bocca nell’incipit di uno dei suoi più celebri articoli: sono passati tanti anni ma il sacro principio che fa girare tutto è sempre lo stesso, fare soldi.
Negli anni Sessanta però c’era meno ipocrisia, si spianavano montagne e si abbattevano alberi per realizzare orrende aree industriali, terrificanti periferie di palazzi di quindici e nessuno fiatava. Oggi no, si spostano fiumi come il Fosso Reale, si interrano strade, si prosciugano stagni per fare un aeroporto dentro Firenze ma si pretende anche di avere il bollino di qualità ambientale e di essere riconosciuti come alfieri della sostenibilità.
Da questo punto di vista il masterplan presentato da Toscana Aeroporti di cui parliamo diffusamente in queste pagine è un piccolo capolavoro: ogni pagina gronda ambientalismo, rispetto per la natura, sacra attenzione verso i timpani e i polmoni dei cittadini.
Peccato che si tratti poi di far passare migliaia di aerei sulle loro teste e di peggiorare drammaticamente la qualità dell’aria.
C’è qualcosa che proprio non quadra: da una parte chi va in giro con un vecchio diesel Euro 0 viene tacciato di crimini contro l’umanità e dall’altra chi progetta di far passare migliaia di aerei in più sulla città pretende di vestire i panni del paladino dell’ambiente.
No, i fautori a oltranza dell’aeroporto a cominciare dal sindaco di Firenze Dario Nardella dovrebbero almeno avere il buon gusto di riconoscere che stanno facendo semplicemente l’interesse della potentissima lobby dell’industria turistica legata a doppio filo all’altro grande motore dell’economia fiorentina, la rendita immobiliare. Interesse legittimo e trasversale che riporta all’antica legge del “fare soldi per fare soldi” che ha trasformato il centro di Firenze in un guscio vuoto, ad uso e consumo delle orde di turisti onnimangianti e onnibeventi che hanno reso la città un inferno per gli ultimi eroici residenti ormai assediati ovunque da resort di lusso e studentati.
Eppure è proprio questa l’idea di città che sta dietro l’ampliamento dell’aeroporto di Firenze, quella di completare e rendere irreversibile la sua “turistizzazione”: un’idea vecchia, per niente “smart” e tanto meno “sostenibile”. Un’idea in cui trionfa solo il principio del “fare soldi per fare soldi” senza un’aspirazione, una progettualità che vada oltre il contingente sfruttamento della straordinaria bellezza della città. Perchè il motivo profondo per il quale questo giornale ha sempre tenuto un’idea critica nei confronti della nuova pista non è la paura di doversi tappare le orecchie quando atterrano gli aerei: è l’idea di ritrovarsi in una Firenze ridotta al fantasma di se stessa, sempre piena di gente ma ormai senza più l’ombra di un fiorentino...

Debora Pellegrinotti

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