SESTO FIORENTINO

Antonella Cipriani, sestese superstite della Concordia: «La mia vita è cambiata»

"Abbiamo visto la morte con i nostri occhi"

Antonella Cipriani, sestese superstite della Concordia: «La mia vita è cambiata»
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«Sono già trascorsi nove anni dall'evento che mi ha cambiato la vita. Ogni storia ha un senso, le tragedie più di ogni altro, perché è attraverso queste che si apprezza e si "vede" l'invisibile, ciò che ci sfugge nell'ordinaria routine quotidiana». E’ con queste parole che Antonella Cipriani, 56 anni e sestese da sempre, ha ripercorso ciò che doveva essere una vacanza invernale, all’insegna della spensieratezza e del divertimento e che, invece, si è trasformata in una tragedia immane, nel naufragio della Costa Concordia, avvenuto nella notte del 13 gennaio 2013, in prossimità della costa dell’Isola del Giglio. Antonella, con sua cognata, si trovava a bordo di quella nave, insieme ad altre 4mila persone. Infermiera al Cto di Careggi, 9 anni fa prese una settimana di ferie e si imbarcò da Civitavecchia, venerdì 13 gennaio alle 13, insieme alla cognata.

«Il terrore e l’angoscia vissuti in quella terribile notte – ha commentato Antonella – mi hanno penetrato nell’animo e per questo ho voluto raccontare la mia storia in un libro “Più lontano dal mare”, un lavoro terapeutico, nel quale ho descritto le situazioni e le emozione provate, attimo dopo attimo, per cercare di capire e per far capire cosa abbiamo vissuto». Attraverso il suo racconto ed i suoi occhi, profondi e celesti come il mare, anche noi di BisenzioSette abbiamo ripercorso quella tragica vicenda. «Dopo esserci imbarcate – ha spiegato Antonella – ci fu detto che il corso per le procedure di emergenza si sarebbe svolto il giorno seguente e la sera ci recammo nella sala ristorante. E’ li che abbiamo sentito un boato nel momento dell’urto con lo scoglio. La luce andò via e fin da subito comprendemmo che era successo qualcosa di grave. Abbiamo visto il panico ma io che sono una persona razionale ho cercato di mantenere un pensiero positivo e di speranza».

Inizialmente i membri dell’equipaggio ritardarono a riconoscere l’emergenza e per mezzo degli altoparlanti informavano i passeggeri che era accaduto solo un guasto, che era in corso il bilanciamento della nave e che presto sarebbero ripartiti. Nessuno ha mai creduto a quelle parole: «l’acqua – ha ricordato Antonella – spillava da tutti i rubinetti e la nave iniziava ad incrinarsi. Così siamo salite all’ottavo piano, abbiamo aperto la nostra cabina (n.9278) ed abbiamo prelevato ed indossato il giubbotto di salvataggio. Ciò che mi dava speranza  – ha aggiunto – è che mi rendevo conto che non eravamo sole, dalla nave vedevamo le luci della terra ferma e poi quelle delle navi della Capitaneria di Porto». In quelle drammatiche ore il telefono di Antonella squillava a ripetizione: il compagno, i familiari, i colleghi e tutti gli amici erano davanti al televisore e mentre lei stava vivendo  l’incubo del naufragio, i servizi del tg straordinario raccontavano, in diretta, cosa stava accadendo.

«Abbiamo visto la morte con i nostri occhi – ha commentato ancora profondamente commossa – durante una drammatica telefonata mia cognata rilasciò ai familiari le sue ultime volontà. Istintivamente – ha aggiunto – eravamo salite nel punto più alto della nave, il più lontano dal mare, per allontanarci il più possibile da quello che rappresentava il pericolo per tutti, ma questo, in realtà, ha ritardato notevolmente la nostra messa in salvo. Quando siamo riuscite a salire sulla scialuppa, guidata dal dipendente comunale Aldo Bartoletti, eravamo scalze, bagnate ed infreddolite. Ma eravamo vive». Una volta a terra le due donne, insieme ad altri 15 naufraghi, furono ospitate in casa da Luigi (sotto in foto), che pur a notte fonda aveva aperto la porta di casa per dare conforto a tutti coloro che avevano bisogno. 

«Il mio pensiero oggi va alle trentadue persone che non ce la fecero a salpare sulle scialuppe che ci portarono al Giglio – ha aggiunto –  insieme alla rabbia e alla convinzione che un'altra gestione avrebbe potuto salvarle». L’esperienza, pur tragica, ha lasciato dei doni nel cuore di Antonella: «oggi vivo la vita con maggior spensieratezza – ha raccontato – con più fiducia e speranza, vivendo la morte come un evento della vita. Cerco di accogliere sempre ogni giorno con positività, senza sprecare energie inutili e questo mi ha aiutato in questi mesi quando da sanitario, ho dovuto affrontare la fase più acuta dell’emergenza sanitaria: dal check-point di radioterapia ho visto il passaggio delle bare del pronto soccorso ma non ho mai perso la voglia di rendermi utile, senza farmi travolgere dagli eventi, affrontando la pandemia, giorno per giorno. Un po’ come affronto la vita, dopo l’incubo del mare».

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