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Scuola marescialli di Firenze, nuova lettera di denuncia: "Carenza di sonno ed igiene, problemi di salute e disturbi alimentari"

"Uno sfogo di un maresciallo allievo generico medio". È così firmata la lettera inviata e pubblicata da Unarma

Scuola marescialli di Firenze, nuova lettera di denuncia: "Carenza di sonno ed igiene, problemi di salute e disturbi alimentari"
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Il primo passo l'ha dato la denuncia di Beatrice Belcuore, la giovane allieva della Scuola marescialli che si è tolta la vita sparandosi con la pistola di ordinanza. Un gesto estremo per liberarsi da quei modi troppo duri operati in caserma durante l'addestramento. Alla lettera dei genitori - che hanno raccolto i tanti messaggi di disperazione della figlia - è seguito un esposto in procura di Unarma, il sindacato dei carabinieri. I numeri parlando di circa 60 allievi che avrebbero abbandonato la scuola marescialli di Firenze.

"Uno sfogo di un maresciallo allievo generico medio". È così firmata la nuova lettera di denuncia di un altro testimone - che ha preferito mantenere l'anonimato - nei confronti delle procedure della caserma definite "eccessive rispetto agli obiettivi formativi" dal comunicato di Unarma, che ha ricevuto e pubblicato il testo, qui di seguito riportato in forma integrale.

Il comunicato di Unarma

"E così, in una scuola militare modello, i nostri ragazzi avrebbero subito un trattamento eccedente le finalità addestrative dell’Arma. Il carabiniere narra che nell’attesa del pranzo, da consumare in dieci minuti, gli allievi erano costretti a restare in posizioni statiche in piedi, immobili, al freddo, al caldo o sotto la pioggia. Anche il rito del contrappello, a tarda ora e con tempi estenuanti, era da attendere in piedi. Nei primi mesi di corso gli allievi avrebbero patito una pericolosissima disidratazione, causata sia dal divieto di acquistare acqua presso lo spaccio della caserma, sia dai tempi ridotti per la consumazione del pranzo e della cena: o si mangiava o si beveva!", scrive Unarma sul proprio sito.

"La carenza di sonno a causa della scarsità di tempo si associava all’impossibilità di recuperare le energie psico fisiche, non potendo godere di tempo adeguato per il riposo e lo svago: libera uscita limitata da rassegne dilatate oltre misura ed estenuanti, pause durante le attività addestrative polverizzate dagli impegni, possibilità di trascorrere il week end a casa (pernotto) condizionato al successo formativo o addirittura al non aver accusato malattia durante il permesso goduto nelle settimane precedenti. In alcuni momenti, la carenza di tempo rendeva difficile anche l’igiene quotidiana. Molte ragazze avrebbero sofferto irregolarità mestruali, eccessiva caduta dei capelli e finanche disturbi alimentari", si legge ancora.

"UNARMA, pur continuando doverosamente a inoltrare all’Autorità Giudiziaria ogni scritto che riceverà sulla questione, ritiene prioritario condannare un sistema addestrativo anacronistico, smisurato e non inclusivo, promuovendo ogni sforzo per ricondurlo nel perimetro dello spirito democratico. Non intende condannare gli uomini, formatori non formati per la formazione, che di una tradizione addestrativa arcaica sono stati meri ingranaggi. Occorre percorrere la strada di un nuovo umanesimo, non limitato ai soli istituti di istruzione, ma esteso a tutti i reparti dell’Arma, in modo da restituire a ciascun carabiniere una rinnovata dignità, al riparo da maltrattamenti e vessazioni. In questa battaglia di legalità e di giustizia, la carabiniera Beatrice, a cui abbiamo giurato il nostro impegno per non far cadere nell’oblio il suo sacrificio, ci guarda e ci illumina dall’alto", si conclude.

La lettera di denuncia completa dell'allievo

Ho deciso di scrivere una mail anonima, poiché ci tengo che rimanga tale. Non è per mancanza di spina dorsale, ma come spesso è avvenuto in passato, qualsiasi notizia che sia trapelata tramite UNARMA che metteva in cattiva luce la Scuola non ha fatto altro che far inasprire il nostro rapporto con i superiori, ho imparato, che in questo ambiente, mettendoci la faccia potrebbero esserci delle ripercussioni.

Ciò malgrado, voglio avere la possibilità di raccontare quanto segue per chi desidera leggere.

Ciò che sto per scrivere fa ormai parte di avvenimenti passati, ma nella speranza che il tutto non vada nel dimenticatoio e che a maggior ragione non si verifichino più episodi del genere, tenterò di narrare gli avvenimenti nel modo più obiettivo possibile senza ingigantire o sembrare troppo di parte. Ormai ci avviciniamo alla fine dei tre anni accademici; pertanto, tutti noi marescialli del terzo anno viviamo con la mente più proiettati in territoriale che ad altro.

L’undicesimo corso della Scuola Marescialli è sempre stato denominato un “corso esperimento” poiché in tale modo siamo stati definiti fin dai primi giorni di inquadramento dai nostri superiori; penso di poter affermare che sia stato il più duro da quando è aperto l’istituto nell’attuale posizione.

Ricordo le urla fin dai primi giorni, cosa che nei corsi successi non si è più verificato; fin dall’ingresso, nei primissimi giorni di inquadramento le urla echeggiavano ed i già carabinieri non se la passavano meglio; entrati per primi avevano subito il peggio nel modo più brutale possibile, da ciò che ci veniva raccontato da loro. “Lei è nudo” urlando a squarciagola quando un bottone della camicia era fuori posto. Urla che ogni tanto rasentavano i limiti dell’umiliazione. Ovviamente essendo in un istituto addestrativo, avevamo messo in conto che la forte disciplina era alla base della quotidianità; pertanto, una parte di noi era preparata in minima parte al rigore che ci sarebbe stato. Col passare del tempo, tuttavia, si aggiunsero sempre più privazioni, che spesso risultavano insensate.

Le ore di attesa prima di consumare il pasto a mensa venivano passate in piedi implotonati, con il costante controllo da parte dei superiori a non muovere un solo muscolo; l’attesa avveniva anche dopo i pasti, quando tutti riuniti passavamo il tempo inquadrati sempre con il costante controllo. Se malauguratamente qualcuno si muoveva o faceva qualcosa di sbagliato, oltre alle urla si veniva messi davanti a tutti i colleghi in stile gogna. Dietro la compagnia è presente una lunga scalinata che porta al piano meno uno della Scuola, e lì passavamo le ore al freddo, al sole o sotta la pioggia fermi poiché dall’alto volgeva lo sguardo dei superiori. Ricordo ancora un episodio in cui un collega con più esperienza, per rassicurarci, disse che era tutto un “gioco” e quindi bisognava resistere. I superiori venendo a notizia di quanto detto, decisero di far salire il collega davanti a tutti, proprio sopra la scalinata, urlandogli contro e rimproverandolo per ciò che aveva detto; tutto sembrava surreale. Anche in questo caso, fortunatamente, pare non siano più verificati certi episodi nei corsi successivi.

Molti di noi, assetati dopo lunghe ore a marciare e svolgere le più svariate attività, erano costretti a bere dai rubinetti poiché all’inizio non vi era possibilità di comprare le bottiglie d’acqua al Market; più di qualche collega ha avuto problemi renali. Dopo qualche mese, ci venne data come concessione la possibilità che un collega per cameretta prendesse 1/2 casse d’acqua per camera (le stanze erano composte da 6 persone). È facile intuire che, oltre che nei pasti in cui si beveva un bicchiere d’acqua, con un tempo concesso di dieci minuti per consumare il pasto, la quantità d’acqua che si beveva durante la settimana era veramente irrisoria. Non ho mai ben compreso cosa vi era di addestrativo nel non poter comprare dell’acqua.

I contrappelli duravano dalle 2 ore alle 3 ore in piedi e spesso si faceva attività, molte altre volte si stava fermi sul posto, qualcuno spesso dormiva in piedi; è successo in più di un’occasione che i colleghi si facessero male e finissero al pronto soccorso ed è capitato in qualche occasione che gli orari di fine contrappello non venissero rispettati, andando ben oltre il limite; pertanto, si dormiva 5/4 ore a notte. La privazione del sonno era una costante che ci ha accompagnato per tutto il primo anno, e ricordo anche che qualche collega dopo aver smontato il turno notturno non ebbe la possibilità di andare a dormire. La mattina, a discapito di quanto avveniva nei corsi precedenti ed in quelli successivi, avevamo dieci minuti per prepararci; pertanto, molti di noi si svegliavano in piena notte per fare la barba o qualsiasi altra cosa per la scarsità di tempo a disposizione. I primi mesi non abbiamo avuto la possibilità di chiamare i familiari, non perché ci venisse vietato ma la “libertà” a volte era di soli dieci minuti, ed in quel lasso di tempo dovevamo pulire ed ordinare la stanza. Le ragazze non se la passavano meglio, molte hanno sofferto di ritardi del ciclo, perdita di capelli e più di qualche ragazza ha avuto problemi alimentari. A volte c’era il tempo per farsi una doccia, altre volte si doveva aspettare il fine settimana. I rapporti da parte dei superiori volavano all’ordine del giorno e spesso comportava andare ad ogni pausa (di conseguenza perdendola) di corsa nell’ufficio del maresciallo; per chi conosce la Scuola Marescialli sa quanto è grande il luogo e quanta distanza intercorre tra un ufficio e l’altro. Alcuni colleghi per una settimana a volte quasi due correvano ad ogni pausa; in poche parole, veniva limitata drasticamente l’unica possibilità di avere pausa e staccare la mente durante il giorno. Nonostante le settimane erano molto dure, neppure uscire il fine settimana e quindi andare in pernotto era concesso, dato che spesso veniva tolto facilmente. Per noi era fondamentale avere la possibilità di uscire, al fine di recuperare al livello fisico e soprattutto psicologico; tuttavia, il pernotto è pur sempre una concessione e come tale può essere tolto per qualsiasi motivo, anche quello più futile.

Le riviste delle libere uscite duravano ore, spesso da 2/3 ore di libera uscita avevamo la possibilità di uscire fuori solo per mezz’ora; molte volte i genitori che affrontavano lunghe ore di viaggio avevano la possibilità di vedere i propri figli per pochissimo tempo. Col trascorrere degli anni accademici la vivibilità all’interno della Scuola è gradualmente migliorata, pur restando dura la scala gerarchica nei nostri confronti, poiché i comandanti di plotoni stessi riferiscono che la decisione è quella di mantenere una certa distanza nei confronti degli allievi, come impartito superiormente. Quindi, non sempre questa fantomatica vicinanza dei superiori, che tanto echeggia nei discorsi, si verifica o quantomeno viene percepita. Tuttavia, sebbene la vita all’interno della Scuola sia migliorata, anche quest’anno non è stato esente da episodi discutibili, quali ad esempio la perdita del pernotto per chi non ha ottenuto un voto agli esami superiore al 22, o chi dopo una malattia rientrando in sede perde automaticamente il pernotto.

Per questione di concisione ho deciso di raccontare una parte di ciò che ho visto accadere all’interno della Scuola Marescialli dei Carabinieri, tralasciando le mie vicissitudini personali, e cercando di descrivere quanto il più possibile ciò che abbiamo vissuto all’undicesimo corso; ci sarà un motivo per cui una buona parte dei marescialli ha scelto di non partecipare alla festa di fine corso. Ovviamente ogni corso ed ogni scala gerarchica è a sé.

Abbiamo vissuto momenti anche di spensieratezza, tuttavia molti avvenimenti, molte restrizioni si potevano evitare, soprattutto perché molto spesso tutto ciò si è riversato a discapito della nostra formazione. Con ciò non è mia intenzione affermare che tutto ciò che abbiamo affrontato sia stato inutile o addirittura far intendere che il modello militare vada sovvertito e principi basilari della vita militare, quali ad esempio l’ordine, la disciplina, il rispetto della scala gerarchica, il senso del dovere e tutto ciò che di positivo infonde la vita militare, vadano aboliti. Molto spesso è facile cadere nell’eccesso, da entrambi le parti, e l’abolizione di ogni regola e principio all’interno di un istituto addestrativo quale la Scuola Marescialli sarebbe, a mio avviso, deleterio.

È fondamentale il rispetto della tradizione, quale portatrice ne è l’Arma dei Carabinieri; tuttavia, alla tradizione sembra che non sia seguita di pari passo altrettanta innovazione. La Scuola Marescialli penso trasmetta anche molte cose positive, quali ad esempio il saper stare in squadra e convivere con altre persone, insegnare ad apprezzare le piccole cose della vita, essere veloci, stringere legami forti creando il cosiddetto spirito di squadra ed affrontare le varie difficoltà cercando una soluzione. Tuttavia, fin quando non si creerà un dialogo costruttivo ed azioni concrete per migliorare la vita all’interno degli istituti addestrativo, purtroppo le criticità rimarranno.

Molte volte è stato dato più valore alla forma e non alla sostanza, questa è stata la percezione che ho avuto, ed in più di un’occasione il buon senso che è alla base di qualsiasi cosa è venuto a mancare, forse perché troppo ancorati ad un concetto addestrativo ormai desueto. Raramente, o quasi mai, viene domandato ad un allievo come procede la vita addestrativa, alcuni non dicono nulla forse per paura di ripercussioni altri forse hanno un sentimento di rassegnazione, ma io credo che se veramente si voglia nel concreto migliorare il benessere psicologico del personale, anche negli istituti addestrativi, bisognerebbe domandare ed anche confrontarsi con chi vive ogni giorno questa realtà, senza dimenticarsi di non cadere in eccessi e quindi cercare di togliere anche ciò che di giusto trasmette la vita militare e la vita addestrativa. Non sono neppure totalmente d’accordo nel chi afferma che:” I giovani di adesso, non sono in grado di affrontare le situazioni di stress” oppure:” Ad i miei tempi si faceva questo ed altro” poiché oltre agli episodi addestrativi, formativi non solo al livello militare, ma anche forti momenti in cui si forgia il carattere di un individuo e quindi alla preparazione dei carabinieri che si apprestano alla territoriale, ci sono stati altrettanti momenti in cui c’è stato un eccesso, e si è sforato il fine addestrativo. Manca il dialogo, mancano quindi quei momenti di confronto positivi che si potrebbero istaurare con la Scala gerarchica.

Molte volte ho pensato di scrivere tutto ciò e mi auguro vivamente che il mio nome non venga fuori, perché spesso è facile fraintendere un messaggio e passare anche i guai, perché continuo a ribadire che il mio scopo non è nella maniera più assoluta gettare indiscriminatamente commenti negativi a tutta l’istituzione dell’Arma dei Carabinieri e men che meno alla Scuola Marescialli; non è positivo eliminare tutto ciò che di positivo vi è all’interno dell’istituzione. A maggior ragione è mia intenzione affermare che il suddetto messaggio non è un’accusa verso nessuno, semmai forse un auspicio affinché possano migliorare molte cose in futuro, oltre al benessere psicologico all’interno degli istituti addestrativi, unendo per quanto possibile il buon senso alla vita militare.

Uno sfogo di un maresciallo allievo generico medio.

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