Crollo Firenze, primi funerali per gli operai morti
Momenti di dolore ai funerali delle vittime. Intanto proseguono le indagini per il cantiere di via Mariti
Procedono a passo spedito le indagini sul crollo di via Mariti a Firenze dove lo scorso 16 febbraio 2024 sono morte cinque persone e tre sono rimaste gravemente ferite. Adesso rimane il dolore e i funerali. Sabato quelli di Luigi Conclite a Vicarello, frazione di Collesalvetti in provincia di Livorno. Qui l'operaio di 59 anni viveva da oltre trent'anni.
Oggi, lunedì 26 febbraio 2024, l'ultimo saluto con rito islamico per Mohamed Toukabri, 54 anni. Anche per lo stesso destino: rimasto schiacciato nelle tenebre di detriti e calcestruzzo. Morto per un pezzo di pane. Aveva lasciato la Tunisia all'età di 19 anni e vi aveva fatto ritorno per 30 anni. Pensava a lavorare e mantenere la famiglia. Così aveva fatto anche qualche settimana fa quando aveva trasferito in Tunisia 500 euro sul conto dei genitori.
Pochi soldi, guadagnati metà a nero. Anche nel cantiere di via Mariti. Ma questa è ancora un'altra storia e un altro filone delle indagini.
"È un momento difficile - ha detto l'imam di Firenze, Izzedin Elzir -. La morte deve essere per noi una lezione per cambiare il modo di vivere".
E poi sulla sicurezza sul lavoro: "Serve un cambiamento culturale e legislativo".
Mercoledì il corpo di Toukabri farà rientro nel suo paese di origine dove lo stanno aspettando i genitori. Quella di oggi è stata una funzione funebre semplice, come prevede il rito islamico.
Come detto sabato i funerali di un'altra vittima. Luigi, il mago della betoniera.
Le parole del parroco
Una chiesa affollata quella che ha accompagnato Conclite per il suo ultimo viaggio.
"L'amore è più forte della morte. Dunque le mie parole sono tutte rivolte all'amore e non voglio trascinarlo nella rabbia e nello sgomento. Ecco perché non dirò una parola sulla tragedia - ha detto don Roberto Canale -
Se è vero, come dicono i numeri, che ogni anno mille persone muoiono sul lavoro, allora questa è una strage per la quale dovrebbero interrogarsi tutti quelli che si prendono cura del lavoro. Perché non possono essere mille incidenti, ecco perché qualcuno dovrebbe prendersi la responsabilità di chiamarli omicidi sul lavoro".
Stretti gli uni agli altri. Accanto ai figli anche i colleghi di Luigi.
"Oggi siamo qui per te Luigi – ha detto dal pulpito uno di loro - Tu eri una di quelle persone in grado di mettere le persone di buon umore. Non tutti sanno che lo ti chiamavamo Leone. Perché ogni volta dicevi: “Ci penso io”. Ecco perché al mondo servono più persone come Luigi. Ciao leone".