Il partigiano Leandro Agresti: “Non ascolto “Bella Ciao”
E ai giovani dice: “ Siate vigili”.
Il partigiano Leandro Agresti: “Non ascolto “Bella Ciao”
L’intervista pubblicata sul settimanale BisenzioSette venerdì 30 aprile 2021, che ripubblichiamo oggi in occasione della festa della Liberazione di Firenze.
Leandro Agresti, 99 anni, nome di battaglia Marco, è stato uno dei primi partigiani a salire a Monte Morello il 10 settembre 1943.
"Si trattava di un territorio che conoscevo molto bene – ha premesso – perché fin da giovanissimo ero sempre stato un fungaiolo, ed avevo girato per tutte le viottole di Monte Morello. Inizialmente non si era partigiani, si era gente della macchia e per molte settimane si dormì all’interno della cappella di Ceppeto, dovendo fare i conti con la paura, il freddo e la fame. Mangiavamo quello che si trovava come qualche foglia di lattuga o altri prodotti della terra.
Dopo circa un mese – ha continuato – all’alba del 14 ottobre 1943, una grande donna venne a Ceppeto tutta trafelata e ci disse che ci stavano raggiungendo i fascisti salendo da Pratolino.
Così ascoltammo il consiglio di un partigiano che aveva un po’ di esperienza militare e ci appostammo per terra. Eravamo circa 15 partigiani e la paura era davvero tanta. I fascisti avanzarono finché non facemmo fuoco. Tutti noi aderimmo all’esperienza di uno che aveva fatto la guerra. Da allora però si dovette abbandonare la cappella e si iniziò a dormire all’aperto riparati da una grande tenda di un contadino.
Nei mesi seguenti nessuno ci dette più noia: si era sparsa la voce che a Monte Morello ci fossero 200, 300 partigiani, ma in realtà noi non siamo mai stati più di 40".
Monte Morello fu un luogo strategico
Oggi come allora, Monte Morello è considerata la montagna dei fiorentini, la zona impervia più vicina alla città e da essa facilmente raggiungibile. Per questo la zona assunse rilevanza nella lotta partigiana ai fini del controllo del territorio e delle comunicazioni nell’area. Di più, la vicinanza alla città e ai principali centri abitati della Piana, unita alla presenza di una rete di piccoli nuclei rurali, crearono le condizioni ideali perché i gruppi di partigiani potessero assicurarsi riparo ed appoggio logistico.
Durante i giorni della Resistenza tuti i partigiani come Leandro furono animati da una grande forza di volontà. Erano tutti figli di ex comunisti e sognavano di riportare la democrazia.
"Eravamo di tutte le razze – ha ricordato Agresti – con noi a Ceppeto c’erano anche 2 donne. Oggi però coloro che hanno una mentalità fascista non risorgeranno mai, in tutto questo tempo abbiamo lasciato una buona eredità e così certi venti non torneranno più a spirare. La democrazia, però, è ancora da addrizzare per bene, dobbiamo sempre rimanere vigili senza mai darla per scontato perché in un attimo può venire meno.
Durante la Resistenza vidi tanti morti e tanti feriti, io ho avuto la fortuna di sopravvivere e di essere ancora oggi in vita per poter raccontare la mia testimonianza – ha continuato – ma altri non ce l’hanno fatta, come il combattente Lanciotto Ballerini".
Prima di salutarci Leandro ha preso il cd che custodisce all’interno dello stereo.
"Per onorare la Liberazione – ha riferito – non ascolto “Bella Ciao”, una canzone scritta 10 anni dopo la Resistenza ma i canti della brigata Garibaldi d’assalto.
Ai giovani ricordo di stare attenti, sempre e comunque: per perdere la libertà basta un soffio".